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Piero Fassino: “Dimenticate Salvini, l’alleanza Pd-Cinque Stelle può davvero cambiare la politica italiana”

 

Si è preferito la maieutica all’interventismo, tutti, da Mattarella a Di Maio. E governo Conte-bis sia, allora. I presupposti ci sono tutti per ritornare alla serietà istituzionale, al rigore fiscale e a uno stile pacato – visto perfino durante il giuramento, sostituiti sorrisetti e risatine goliardiche della scorsa legislatura a un rassicurante cenno di benedizione del Capo dello Stato. La squadra c’è, adesso non rimane che attendere e scoprire le tattiche preparate. «Questo governo non nasce solo per superare Salvini nella sua totalità: nessun governo può durare se nasce contro qualcuno o qualcosa. L’esecutivo Pd-M5s nasce con un programma di rilancio del Paese, per aprire una pagina nuova della politica italiana», spiega Piero Fassino, ex ministro del commercio con l’estero e ministro di grazia e giustizia, nonché segretario nazionale dei Democratici di Sinistra.

Uomini di esperienza e spessore internazionale è il leitmotiv che lega i vari dicasteri. Con un unico grande obiettivo neanche troppo celato: ristabilire i legami con l’Europa. «Un’Italia che non sta in Europa, e non giochi un ruolo fondamentale al suo interno, è un’Italia più debole. Basterebbe pensare a un dato economico che non viene sufficientemente considerato: i due principali Paesi di esportazioni dell’Italia sono Germani a e Francia. Il rapporto tra Italia e Europa è imprescindibile e credo che una personalità riconosciuta, autorevole e apprezzata nel Parlamento europeo come Roberto Gualtieri nel ruolo di ministro dell’Economia, ci dia la possibilità di ricostruire un rapporto tra Ue e Italia, sui problemi economici e finanziari, corretto».

Piero Fassino, come valuta la nascita di questo nuovo governo?
Un segno di svolta, sicuramente. Il superamento della maggioranza Lega-Cinque Stelle che, in 15 mesi, ha chiaramente espresso un bilancio negativo. Consegnandoci crescita zero, indebitamento record, blocco di investimenti pubblici e privati e isolamento internazionale: la prima ragione per cui nasce oggi il governo PD-5Stelle è il netto fallimento del governo precedente. Colpevole inoltre di aver alimentato, con le politiche di Salvini, un clima di intolleranza, di rancore che con il nuovo esecutivo dobbiamo assolutamente superare. Un Paese costruisce il suo futuro solo se ha una forte coesione, culturale, sociale, identitaria, senza la quale ci sono meno possibilità di crescita.

La convergenza di pensieri così distanti tra loro, ha un valore politico o è solo una strategia di ostruzione nei confronti di Salvini?
Questo governo non nasce solo per superare Salvini. Nessun governo è forte se nasce soltanto contro qualcuno o qualcosa. L’esecutivo Pd-M5s nasce con un programma di rilancio del Paese, per aprire una pagina nuova della politica italiana. Tra 5 stelle e Partito democratico ci sono molti più punti di possibile incontro rispetto all’alleanza Movimento-Lega: per esempio sull’Europa, ancorché le nostre posizioni siano state in passato distanti, c’è stata un’evoluzione dei Cinque Stelle che ha avuto il suo culmine con la votazione, insieme al PD e a tutti i partiti europeisti, della nuova Presidente della Commissione Europea. Sulla transizione ecologica dell’economia e su un forte investimento sulla sostenibilità e sulla green economy è più facile un incontro tra noi e il Movimento. Così come sul contrasto delle disuguaglianze, la lotta alle povertà e l’attenzione alle questioni sociali. Il Reddito di cittadinanza non è poi così diverso dal Reddito di inclusione che è stato istituito dal governo Gentiloni.

C’è poi il nodo immigrazione…
Anche in quel caso, sappiamo bene che la brutale linea adottata da Salvini ha suscitato, sia nei parlamentari, sia (e soprattutto) nell’elettorato pentastellato, molte perplessità. Sono stati molti di più i “contro” nel governo gialloverde che quelli emersi finora nella definizione del programma del nuovo esecutivo.

Sarà abbastanza forte la condivisione del programma da arginare gli attriti personali?
La politica si fa guardando avanti e mai indietro. Non possono prevalere sentimenti personali quando è in gioco l’interesse del Paese. Senza dubbio non sono mancate tra noi anche polemiche aspre e noi non abbiamo lesinato critiche a scelte che consideravamo dannose per l’Italia. Oggi guardiamo avanti, però. Dirigenti politici e ministri Pd e Cinque Stelle dovranno assumere atteggiamenti coerenti con il profilo e il programma della nuova fase politica che si è aperta.

Quanto è importante riallacciare i legami con l’Europa?
Un’Italia che non stia in Europa, e non giochi un ruolo fondamentale nell’Unione, è un’Italia più debole. Basterebbe pensare a un dato economico che non viene sufficientemente considerato: i due principali mercati di esportazioni dell’Italia sono Germania e Francia. Il rapporto tra Italia e Europa è imprescindibile e credo che una personalità riconosciuta, autorevole e apprezzata nel Parlamento europeo come Roberto Gualtieri nel ruolo di ministro dell’Economia, ci dia la possibilità di ricostruire un rapporto corretto tra Ue e Italia sui problemi economici e finanziari. Avere come Commissario europeo un ex Primo ministro autorevole e stimato come Gentiloni, è un altro elemento di forza. E se pur giovane, Vincenzo Amendola ministro agli Affari europei, ha una lunga esperienza politica sui temi europei e internazionali. Ci sono quindi le condizioni per ricostruire un solido rapporto.

C’è il rischio di un effetto boomerang, però. Soprattutto per le premesse lanciate dalla nuova opposizione…
Sì, Salvini agita come una minaccia per l’Italia la “troppa amicizia” del governo con Bruxelles. Andrebbe finalmente, fatta un’opera di chiarezza: l’Europa è un edificio che si regge su due pilastri istituzionali. Uno sono le istituzioni comunitarie, il Parlamento europeo, la Commissione europea, la Corte di giustizia; l’altro sono il Consiglio Europeo e i Consigli ministeriali dove siedono i rappresentanti dei governi. Le difficoltà che l’Italia ha avuto sull’immigrazione non sono arrivate dalle istituzione europee. Salvini ha sempre detto che “l’Europa ci lascia soli”, ma non ha mai ammesso che a lasciarci soli non sono le istituzioni europee: la Commissione europea il piano per la ridistribuzione dei migranti l’ha fatto con quote per ogni Paese, il Parlamento europeo, sulla base delle indicazioni dell’Italia, la revisione al trattato di Dublino l’ha votata. Ma quelle decisioni sono state bloccate nel Consiglio europeo da alcuni governi che si sono rifiutati di adottarle. Sono i governi ungherese, polacco, ceco, slovacco e austriaco, con cui Salvini voleva stringere un’alleanza, ad essere stati i nostri peggiori avversari su un tema cruciale come quello dell’immigrazione.
Non è Bruxelles che lascia sola l’Italia, ma il sovranismo.

In vista anche di un dialogo disteso sui temi economici, il M5s dovrà moderare la sua posizione con Bruxelles…
Non bisogna guardare all’Europa come ente puramente economico, ma come istituzione politica fondamentale. Sono certo che Di Maio, nella funzione di Ministro degli Esteri, constaterà quanti pregiudizi e caricature circolano sull’Unione Europea. E una corretta visione dell’Europa potrà favorire un’evoluzione politica del Movimento verso una più solida cultura di governo, che già avviata in questi 15 mesi, necessita di ulteriori passi avanti. Quando si governa non si possono dire soltanto dei no, ma è indispensabile farsi carico di responsabilità che riguardano sia le scelte di sviluppo interno, sia la collocazione del Paese a livello internazionale.

Quali sono gli obiettivi che si deve imporre questo nuovo esecutivo?
Sicuramente riportare l’Italia al centro dell’Europa superando l’isolamento internazionale in cui la Lega ci ha cacciati. Bisogna inoltre avere una forte politica di investimenti, in grado di rilanciare la crescita economica e la creazione di lavoro, in primo luogo per i giovani. Una politica del welfare che dia risposte a chi è in condizione di fragilità e garantisca i servizi essenziali per ogni famiglia. Una politica capace di immaginare un futuro sicuro per le nuove generazioni. E una politica economica e sociale sostenibile, costruendo soluzioni al grande tema del futuro e della vivibilità del pianeta.

Quanto potere hanno avuto e quanto potranno averlo in futuro, in questo governo, player esterni come Grillo e Renzi?
Grillo e Renzi hanno preso atto dei rischi cui l’Italia era esposta con l’alleanza Lega-Cinque Stelle e quindi della necessità di superare quei rischi con una nuova maggioranza.

C’è stato un superamento del capo esclusivamente politico con la conferma di un Conte-bis?
Un primo ministro di un governo di coalizione ha il compito di tener conto delle forze che la compongono e di operare per l’unità e la coesione della maggioranza. E credo che i primi passi di Conte siano in questa direzione, muovendosi con un profilo di terzietà nei confronti delle forze politiche del governo.

Può durare a lungo questo progetto giallorosso?
Abbiamo sempre detto che non eravamo interessati a governi provvisori o temporanei. Abbiamo dato vita a un governo solido che ha l’ambizione di durare a lungo…

Come del resto, però, hanno fatto a suo tempo Lega e Movimento…
E non ci sono riusciti. La nostra sfida è quella di farcela, e sono certo che sarà portata a buon fine.

 

 

 

 

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