Mezzo secolo fa Praga venne invasa dalle truppe del Patto di Varsavia. Veniva distrutto il progetto di Alexander Dubcek di dare vita ad una stagione di riforme. I ragazzi protestavano ma senza alcuna violenza
C’è chi lo ha definito il “socialismo dal volto umano”. E chi il “socialismo al gulasch”. Il 21 agosto del 1968 i Tank russi invasero Praga, capitale della Cecoslovacchia, per stroncare quella che venne definita la Primavera portata avanti nel gennaio di mezzo secolo fa dall’allora premier Alexander Dubcek. Una delle pagine tristi della storia del ventesimo secolo.
Triste perché ancora una volta con la forza si andrà a stroncare il tentativo di un Paese di dar vita alle riforme. La seconda guerra mondiale era finita da 23 anni, ma l’Europa era divisa in due blocchi: quello sovietico e quello occidentale “controllato” dagli Stati Uniti. Già 12 anni prima i carri armati sovietici avevano soffocato la rivoluzione nella vicina Ungheria attuata da Imre Nagy, ben descritta da uno dei più grandi inviati del giornalismo italiano, Indro Montanelli. Torniamo a Praga. La Cecoslovacchia non era un Paese arretrato e povero come la Russia del 1917, ma formato da ex territori tra i più ricchi e progrediti dell’Impero Asburgico, ottima l’efficienza dell’apparato industriale e buono il livello d’istruzione. Qui esisteva una base democratica solida. Ed il popolo non aveva risentimento nazionale contro l’Urss.
C’erano tutte le premesse per una “via nazionale al socialismo”. L’abolizione della proprietà privata e l’economia collettivizzata avviati dopo il 1948 mostrarono presto forti limiti. Dopo una serie di segretari del partito grigi e ottusi, la svolta arrivo’ nel gennaio del ’68. Alla guida del Paese arrivò Alexander Dubcek, riformatore cauto, ma convinto che fosse doveroso cambiare pagina. Ma al Cremlino questi cambiamenti stavano stretti. Dubcek non intraprese una “guerra” contro i sovietici e non intendeva restaurare il capitalismo: pensava ad un sistema in cui il controllo pubblico dei mezzi di produzione si accompagnasse alle libertà individuali e collettive. In pratica si sperimentava un modello di socialismo alternativo che delegittimava alla radice il sistema totalitario imposto dell’Urss in Europa orientale.
Segretario del Pcus era Leonid Breznev, che in tutta risposta, mando’ nella capitale ceca le truppe del Patto di Varsavia per paura che il “socialismo dal volto umano” potesse contagiare i Paesi satelliti. Ma per il regime sovietico quell’invasione si rivelò un boomerang: la resistenza passiva della popolazione, la difficoltà a reperire collaborazionisti credibili, il rogo suicida di Jan Palach e altri giovani inflissero un duro colpo all’Urss di dimensioni mondiali. Oggi a distanza di mezzo secolo quotidiani, radio e telegiornali ricordano questa pagina della storia del nostro continente. Lo scrittore francese Oliver Guez definì quell’esperienza “esaltante e poi traumatica”. In quei giorni Praga era affollata di turisti provenienti dall’Europa occidentale, che assistettero attoniti alla prodezza del “socialismo reale”.
Sotto: foto Reset