La parola magicamente esatta per definire la solerzia dei subalterni pronti a convocare i pompieri affinché rimuovano uno striscione polemico verso – metti – un ministro degli Interni, piazzato a Brembate (provincia di Bergamo) tra finestra e balcone di un privato cittadino dissidente, se non refrattario alla protervia arbitraria dell’autorità costituita, c’è, e risponde plasticamente alla “cupiditas serviendi”, puro desiderio di servire, per estensione, d’esser servi.
Solerzia, appunto, ma anche qualcosa di molto più corposo, convincente, “massiccio”, giusto per usare un lessico da camerata o fureria di caserma, quasi a voler dire al “principale” che si è scelto di blandire: “… Guardami, sono il tuo buttafuori perfetto, all’occorrenza, volendo, a un tuo cenno, perfino pronto a farmi mazziere, manganellatore, “muso nero”, “tonton macoute”, scegli tu…”.
In questo genere di edificanti circostanze, importa poco che il diretto interessato, il Capitano destinatario della presunta offesa, muova un dito, indichi l’oggetto della stessa, affinché si levi alto il nitrito dei subalterni, dei serventi al pezzo, in questi casi, sempre da parte del corpo di guardia, è sufficiente la sensazione che la democrazia, il diritto al dissenso, a manifestare opinioni contrarie al più ottuso senso comune dell’autorità costituita siano un semplice abuso, condotte inaccettabili da censurare.
Non è un caso d’altronde che la macchina propagandistica messa a punto dai giovani moschettieri di Salvini Matteo, lì al lavoro a maggior gloria del principale, per stessa ammissione del moschettiere capo addetto agli stantuffi telematici, tal Morisi Luca, si chiami “La Bestia”.