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Prove di dialogo Usa-Cina, ma il disgelo è lontano

Prove di disgelo Usa-Cina nella gelida Alaska, dove le due maggiori potenze mondiali tentano di rompere il ghiaccio e abbassare la temperatura della loro crisi più grave dal riconoscimento reciproco negli anni ’70. Sullo sfondo c’è la più grande sfida geopolitica dei prossimi decenni, per decidere se questo sarà ancora un secolo a stelle a strisce o dominato dal Dragone.

Che le posizioni fra le due superpotenze economiche siano distanti appare chiaro fin dalle prime battute del vertice. Le azioni della Cina “minacciano” la stabilità globale, ha detto aprendo i lavori il segretario di stato americano Antony Blinken, spiegando che Washington non vuole un “conflitto” con Pechino “ma è favorevole a una dura concorrenza”. Yang Jiechi, il più alto responsabile per la diplomazia del partito comunista, gli replica secco: invitando gli Usa ad abbandonare la mentalità di guerra fredda minaccia “misure dure” contro l'”ingerenza americana”.

Sono stati gli statunitensi a proporre il primo incontro di alto livello dell’era Biden e a volerlo sul suolo patrio per fare da padroni di casa, anche se la scelta della remota Anchorage, sul Pacifico, suona come un terreno quasi neutro per il faccia a faccia che si concluderà venerdì. Insieme a Blinken c’è il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, mentre con Yang c’è il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Joe Biden condivide la postura del suo predecessore Donald Trump verso quello che è l’avversario strategico numero uno, ma non la sua retorica incendiaria e i suoi metodi da bullo. “E’ importante avere un’occasione per parlarci direttamente, chiaramente, apertamente, per provare ai nostri omologhi che le inquietudini da noi espresse pubblicamente sono le stesse che manifesteremo in privato”, ha spiegato Blinken. Anche Pechino ha promesso di mettere sul tavolo “tutte le questioni”, riconoscendo che una riunione non sarà sufficiente a risolverle e avvisando che non farà “alcun compromesso sui temi riguardanti la sua sovranità, la sua sicurezza e i suoi interessi”.

La Cina, ha anticipato il Wall Street Journal, proporrà di ristabilire incontri regolari di alto livello e di programmare un summit virtuale tra il presidente Xi Jinping e Joe Biden durante la conferenza globale sul clima del 22 aprile, cui parteciperanno leader di tutto il mondo. Sarebbe il loro primo incontro, dopo l’unica telefonata di due ore avuta finora. Nel frattempo Pechino chiederà di revocare molte delle politiche varate da Trump: i dazi commerciali, le sanzioni e le restrizioni contro membri del Partito comunista, studenti e media statali, il bando di Huawei e TikTok. In cambio il Dragone eliminerebbe le sue contromisure. Washington invece intende sollevare vari dossier: la repressione degli uiguri, che ha già qualificato come “genocidio”, il giro di vite su Hong Kong, la tensioni su Taiwan e sul Tibet, la violazione dei diritti umani e le “detenzioni arbitrarie”, la “militarizzazione” del mare della Cina meridionale, le “pressioni economiche” e le pratiche commerciali sleali, il “furto della proprietà intellettuale”, i cyber-attacchi, l’assenza di trasparenza sulle origini del Covid-19. “E’ una lunga litania di divergenze”, ha ammesso il portavoce del dipartimento di Stato Usa Ned Price. “E non è solamente la nostra lista”, ha aggiunto, assicurando che l’elenco è condiviso dagli alleati europei e da quelli asiatici: dal Giappone alla Corea del nord, dall’India all’Australia, che gli americani si sono premurati di visitare prima di questo incontro in Alaska allo scopo di definire una strategia comune per mettere in guardia la Cina contro ogni tentativo di “coercizione” e di “destabilizzazione” della regione. Ma pragmaticamente gli Usa intendono anche sondare i terreni di possibile collaborazione con il Dragone, come la lotta al climate change, la non proliferazione delle armi, la pandemia.

    Su quest’ultimo capitolo Pechino vuole proporre la creazione di un “passaporto vaccinale” che faciliterebbe i viaggi tra i due Paesi. Resta comunque il duello di fondo tra le due superpotenze, che dopo 40 anni di integrazione economica corrono per garantirsi le proprie catene di fornitura e ridurre la dipendenza reciproca. In una sfida che per Biden è tra democrazia e autocrazia o dittatura, come dimostra anche la sua linea durissima con Vladimir Putin.
   

Fonte Ansa.it

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