La politica democratica è una dimensione che accompagna l’uomo da almeno 2500 anni, cioè da quando nacque, insieme alla filosofia, nella Grecia antica. La figura del politico greco era molto diversa da quella della contemporaneità. Platone, ad esempio, si sentiva pienamente un politico, ma noi oggi lo consideriamo esclusivamente un filosofo, poiché la simbiosi tra filosofia e politica si è nel tempo talmente sgretolata da divenire ormai irriconoscibile.
Tuttavia, anche se la politica democratica moderna ha preso strade di allontanamento dal sapere filosofico e di coincidenza con la pura rappresentanza degli interessi, la Grecia antica è ancora attuale, soprattutto nelle metafore politiche dei miti che vedevano protagonisti, oltre agli dei dell’Olimpo, i Titani, cioè quelle figure mitologiche di ascendenza umana che, nel tentativo di difendere gli uomini dal soverchiante potere degli dei, possono ben essere ricondotte alle moderne leadership politiche.
Nella mentalità contemporanea, infatti, al leader politico chiediamo di rappresentarci e difenderci dalle forze anonime che ci sovrastano, dalla burocrazia ai mercati finanziari, anche se spesso i politici contemporanei rifuggono da questa responsabilità (o la abbracciano solo con la retorica) per rifugiarsi dentro le tranquillizzanti logiche dell’ascoltare e dell’ubbidire ai desideri dei loro elettori. Insomma, i politici contemporanei, ormai largamente privi di visioni originali, sono prevalentemente divenuti followers dei loro elettori.
Qualche eccezione che ci rimanda alle titaniche figura del mito greco, tuttavia, è rimasta. Sul palcoscenico italiano, ad esempio, Renzi e Salvini incarnano figure che si avvicinano alle narrazioni del mito. Non solo la fratellanza del nome li unisce, ma anche la propensione al comando e al prendersi la responsabilità delle scelte.
Le loro traiettorie assomigliano a quelle del mito di Prometeo ed Epimeteo, i due fratelli Titani le cui vicissitudini nello scontro con gli dei mettono in luce la necessità di essere accorti e prometeici (cioè capaci di pensare e agire in anticipo) e non, invece, di comportarsi come Epimeteo che, comprendendo la cose in ritardo, si lasciò suggestionare dalla bella Pandora e finì per aprire il vaso che conteneva tutti i mali del mondo, rendendosene conto quando questi gli erano già addosso.
Nelle biografie politiche di Renzi e di Salvini c’è molto Prometeo, ma anche una bella dose di Epimeteo. Così come il Renzi rottamatore e artefice di un governo di veloce ed esplicita modernizzazione è stato prometeico, il Renzi che dopo la sconfitta del referendum ha indugiato quasi tre anni per rendersi contro della propria incompatibilità con il PD è stato un Epimeteo che, intorpidito dalla seduzione del potere su un grande partito che non lo amava, ha capito in grave ritardo che quella posizione lo avrebbe progressivamente condotto alla scomparsa politica.
Egualmente, in Salvini c’è stato molto Prometeo nella traiettoria di sfida ai poteri che lo sovrastavano (prima all’interno della Lega e poi nella lotta politica che ha generato il suo importante consenso elettorale), ma anche un plateale epilogo da Epimeteo, quando – complice una seducente spiaggia romagnola – ha segato il ramo su cui era seduto, accorgendosi in ritardo che sotto vi era solo il vuoto della perdita del potere.
A parziale consolazione di entrambi, va ricordato che Zeus concesse ai due fratelli Titani il dono dell’immortalità, ma lo fece con il duplice obiettivo di eternizzare, non solo la gloria della vittoria, ma soprattutto la più frequente sofferenza della sconfitta. L’insegnamento di questo mito, infatti, ci dice che in politica è la capacità di gestire le stagioni della sconfitta a generare i presupposti per creare i fuggevoli momenti della vittoria.
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