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Riduzione dei parlamentari, come rendere utile il referendum

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A fidarsi dei primi sondaggi e delle prime voci dei commentatori di qualità, il referendum (eventuale) di conferma della riduzione di deputati e senatori rischia di essere la competizione più inutile della storia di tutte le discipline agonistiche. Ma sarà davvero così? Di certo, se si riproporrà anche in questa sfida lo schema fin qui dominante a senso unico. Vale a dire, la tracotante, mistica eccitazione dei proponenti a Cinque stelle, nella loro veste preferita di tagliatori di principi costituzionali e conseguenti applicazioni, a tenere la scena, da un lato; dall’altro, il vuoto silente della pusillanimità di quanto resta degli eredi della carta costituzionale, “democratici” generici e specifici, spettatori attoniti e acquiescenti di atti di vandalismo perpetrati contro la propria storia politica e istituzionale e gli interpreti originari della stessa.

Eppure, riposto il terrore autocritico del populismo e dei populisti trionfanti, qualche buon argomento da spendere a difesa dell’integrità della Costituzione non manca di certo. Per cominciare, non a difesa delle attuali dimensioni delle Camere, che non sono un dogma o un valore non discutibile. A rigetto di un taglio così arrogante da non essere stato mai, lungo l’intero arco del processo mediatico e legislativo, accompagnato da un tentativo di motivazione, quasi che spiegarlo configurasse l’indebolimento della Verità, con la maiuscola. Salvo uno, di tentativi di motivazione, quello che doveva imporre almeno un supplemento di istruttoria: se l’amputazione ha lo scopo di eliminare i fannulloni, come individuare questi da quelli destinati a comporre le nuove, chissà perché a quel punto laboriose ed efficienti, Camere del Parlamento? Ma spiegare la verità assoluta, per il flagello populista del nuovo millennio, è un segno di debolezza, tale da incrinare il sacro rapporto con il sovrano popolare, il vero oggetto della mistificazione che alimenta il populismo: si agisce in nome e per conto del popolo, fideisticamente, non senza prima avergli sottratto (o non restituito, a disdoro dei sedicenti antipopulisti rapinatori esse stessi di sovranità) il primo contenuto della democrazia, la scelta dei propri rappresentanti.

Come si vede, prima ancora di inoltrarsi nel merito, gli argomenti per fermare questa decisione sono difficilmente oppugnabili. Ne aggiungiamo uno, relativo all’esame degli schieramenti in campo: se a contrastare l’arma bianca dei tagliatori si individua la vera controparte non nella indisponente ignavia degli odierni oppositori di comodo, ma nella saggezza, nella passione civile e costituzionale, nella elegante stesura di cui furono capaci i padri costituenti, il confronto si presenta davvero impari, ad umiliare gli odierni apparenti trionfatori. La Costituzione di Di Maio, Di Battista, Grillo e Casaleggio contro quella di Mortati (per dirne uno a simbolo di tutti)? Il confronto si fa subito più equilibrato e meno scontato, qualcuno non crede?

Per oggi, vista l’incertezza dello svolgimento del referendum, si potrebbe limitarsi alle valutazioni pregiudiziali, di metodo, lasciando gli argomenti di merito al momento della campagna vera, se ci sarà. Dove gli argomenti non contro la riduzione pregiudiziale, ma per un libero confronto sulla validità della composizione attuale, potrà estendersi all’attualità della funzione del parlamento, sui modi della sua formazione alla distanza tra costituzione scritta e suo funzionamento. Augurandosi che la parola finale sia comunque del popolo, il migliore servizio alla sua sovranità sarà nel decidere sulla base non delle paure e delle convenienze, ma della conoscenza approfondita di tutti gli interessi non di parte.

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