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Riforma giustizia, dalla prescrizione alle intercettazioni: i nodi che dividono Lega e M5S

Le parti in campo
Da una parte il vicepremier leghista Matteo Salvini e la ministra della Pa Giulia Bongiorno; dall’altra l’altro vicepremier, il pentastellato Luigi Di Maio e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Nel mezzo, ancora una volta nel ruolo del mediatore, il premier Giuseppe Conte. I toni sono accesi, anche se fonti di entrambi i partiti minimizzano e negano lo scontro. Il clima a Palazzo Chigi nelle battute finali dell’incontro diventa teso, snervante. «Stasera ho sentito tanti no» – sarà il commento del Guardasigilli al termine del bracciuo di ferro con gli esponenti del Carroccio -. Basta giochetti non vorrei che il vero nodo fosse la prescrizione». Per M5S, dunque, l’alleato sta tentando di bloccare l’abolizione della prescrizione che entrerà in vigore a gennaio 2020.

Prescrizione: il nodo dello stop dopo il primo grado
È saltata l’intesa sulla nuova prescrizione. La legge cosiddetta “Spazzacorrotti” prevede che con la sentenza di primo grado non decorrano più i termini della prescrizione. Il blocco dei termini entrerà in vigore dal 1° gennaio. La Lega ha accettato questa soluzione solo perchè, nel frattempo, si sarebbero dovute approvare misure per accelerare i processi. Di qui il braccio di ferro sul ddl ieri in Consiglio dei ministri, e di qui le parole di Bonafede.

La durata dei processi
Tra le questioni aperte, quella dei tempi dei processi. L’ultimissima versione del disegno di legge messa a punto dal ministero della Giustizia l’ha abbassata di 3 anni rispetto al testo iniziale, portandola da 9 a 6, sia nel civile sia nel penale. Allineandola in questo modo a quanto previsto già oggi dalla legge Pinto che ha introdotto la possibilità per il cittadino, vittima dell’eccessiva durata di un procedimento, di ottenere un risarcimento economico. E a pagare, con un illecito disciplinare, secondo la riforma Bonafede, non sarebbe più solo lo Stato, ma anche il magistrato che per oltre un terzo dei fascicoli di cui è titolare ha sforato i tempi di durata. La Lega tuttavia frena e parla di una riforma troppo timida: la riduzione dei tempi dei processi, è la possizione del Carroccio, rischia di essere un obiettivo irraggiungibile. Non solo: rispetto all’esistente, l’introduzione di un semplice illecito disciplinare, oltretutto agganciato a una serie di condizioni che attestano la negligenza «in concreto» del singolo magistrato, è inefficace. Come pure nel penale, l’aumento dei tempi della fase delle indagini preliminari appare del tutto contraddittoria rispetto al taglio della durata.

Lega contro l’uscita dal testo delle nuove regole sulle intercettazioni
Salvini ha messo in evidenza che nella riforma della giustizia targata Bonafede non si parla di riforma delle intercettazioni. Qui il Carroccio preme affinché si intervenga in maniera sostanziale. Un intervento sulla disciplina delle intercettazioni, è il messaggio del partito di Via Bellerio, è necessario. Per la Lega l’obiettivo è comunque quello di renderne più difficile la pubblicazione o comunque la diffusione all’esterno dei contenuti (non solo di quelli che nulla hanno a che vedere con le indagini). Dall’altra parte, i Cinque Stelle, che rivendicano la sospensione, fino a fine anno, della riforma Orlando che aveva provato a conciliare l’opportunità di un rafforzamento della tutela della privacy con la necessità di non compromettere uno dei principali strumenti investigativi. Punto di equilibrio quest’ultimo che anche l’Anm riteneva non essere stato raggiunto. Bonafede ha avviato da qualche settimana un confronto con magistrati, avvocati e giornalisti per un testo condiviso.

Le opposte visioni sulla separazione delle carriere
Un altro punto controverso è la separazione delle carriere dei magistrati. Anche questa è invocata dalla Lega, e anche questa, come le intercettazioni, manca dal testo Bonafede. Da parte del Carroccio c’è appoggio pieno, in sintonia con le forze del centrodestra come Fi e Fratelli d’Italia, alla proposta di legge di iniziativa popolare e spinta dalle Camere penali per la divisione dei percorsi di carriera, con la contestuale istituzione anche di un doppio Csm. La proposta è all’attenzione della Camera e richiederebbe comunque una modifica della Costituzione che prevede l’unicità dell’ordine giudiziario. Anche su questo punto, la distanza con i pentastellati è sostanziale: M5S sottolinea che la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri non fa parte del contratto di Governo e inoltre necessiterebbe di norme di rango costituzionale per potere essere introdotta. Di qui l’impossibilità di forma e di sostanza per il suo inserimento nel perimetro della riforma. M5S inoltre difficilmente potrebbe appoggiare un intervento che neppure i Governi Berlusconi riuscirono a introdurre.

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