Ci dispiace, non può valere tutto. E possiamo pure essere assuefatti alle bugie dei politici, ai tatticismi esasperati, alla volontà di compiacere il popolo, alla paura di finire travolti dalle critiche sui social network, ma a memoria d’uomo non ci ricordiamo una sequela di bugie e di voltafaccia, di sparate e contro sparate uguali e contrarie come quella cui stiamo assistendo in questi giorni di crisi di governo.
Ed è grave più di quanto pensiamo, perché dimostra la totale assenza di pensiero strategico, e un’assenza di valori, ideali, o anche solo orizzonti programmatici di medio periodo che l’Italia non si può permettere, in una fase delicata come quella che sta attraversando. Spiacenti, ma non è della sopravvivenza di Renzi, Salvini e Di Maio, che ci dovremmo preoccupare. E invece siamo qui, a vederli affannarsi a recuperare dai loro errori, dalle loro “brillanti” strategie di comunicazione, dai loro continui bluff da pokeristi mal riusciti.
C’è Renzi, e con lui i suoi fedelissimi, che fino a poche settimane fa – era il 22 luglio – rispondeva così su Facebook a Dario Franceschini e alle sue aperture ai Cinque Stelle: «Insieme possiamo difendere certi valori, dice Dario dei grillini. Insieme a loro, ok. Ma #senzadime, sia chiaro. Perché io non vedo valori comuni con chi ha governato in questo anno». Oplà, e l’11 agosto, con un’intervista al Corriere della Sera, l’ex Rottamatore diventa il principale ideologo dell’alleanza con i Cinque Stelle. Per senso di responsabilità, certo, e pure per una discreta paura di andare al voto, con Nicola Zingaretti che fa le liste del Pd e i sondaggi che danno un eventuale partito di Renzi al pochissimo e virgola.
C’è Di Maio, pure, che fino a ieri – era il 18 luglio – parlava del Pd come del “Partito di Bibbiano” e spergiurava che lui “col partito che in Emilia toglieva i bambini” non voleva “avere nulla a che fare” e che ora tratta con i democratici all’ora dell’aperitivo, come se niente fosse, ma senza mai riuscire ad affermarlo pubblicamente. O che pone come conditio sine qua non per iniziare le trattative il taglio di 345 parlamentari, come se fosse l’unica e sola priorità dell’Italia, dopo aver fatto una feroce campagna referendaria contro la riforma costituzionale di Renzi che ne tagliava altrettanti, più o meno. Due anni fa, non un secolo. Al suo fianco, Alessandro Di Battista che ha passato gli ultimi mesi a sparare a palle incatenate contro Matteo Salvini e ora gioca a fare quello che vorrebbe tornare con la Lega, o a sabotare ogni possibile trattativa, perché ha voglia di votare e di tornare in Parlamento, alla faccia della politica in mezzo alla gente e dei corsi di falegnameria.
E poi c’è Salvini e la sua estate di baldanza, a parlare di voto subito e di pieni poteri, a bloccare ogni ipotesi di rimpasto di governo, a chiedere al premier Conte di «prendere atto che non esiste più una maggioranza di governo» – era il 18 agosto! -, dopo aver passato giugno e luglio a dire che il governo sarebbe sicuramente durato fino al 2023. E che ora, dopo aver scoperto che in Parlamento possono nascere altre maggioranze spurie quanto quella che l’ha spedito al Viminale, corregge il tiro: «Se i No diventano Sì, io non porto rancore», ha dichiarato senza mostrare alcuna vergogna, né imbarazzo. Doppio salto mortale carpiato, senza che i suoi follower – pardon, elettori – battano ciglio. Il Capitano ha sempre ragione, del resto: anche quando il giorno prima fa professione di sovranità in Senato citando Cicerone – “La libertà non consiste nell’avere un padrone giusto, ma nel non avere nessun padrone” – e il giorno dopo ci tiene a precisare che la manovra leghista non avrebbe sforato il rapporto del 3% tra deficit e Pil, non si capisce bene rivolgendosi a quale padrone, se alla Commissione Europea, o agli investitori istituzionali che hanno in mano i nostri titoli di Stato e il nostro spread.
Sinceramente, lo sapete, a noi non dispiacerebbe per nulla veder nascere un nuovo governo targato Pd – Cinque Stelle che metta la questione ambientale al centro della propria piattaforma programmatica, ma su che basi può nascere, se questo è il livello di coerenza, o anche solo di serietà dei suoi azionisti di maggioranza parlamentari?
E non ci dispiacerebbe nemmeno veder tornare i gialloverdi alle prese con una legge di bilancio che chiederà loro conto di tutti i soldi che hanno buttato un anno fa, di 23 miliardi di clausole di salvaguardia da disinnescare, di un decreto sicurezza bis che fa acqua da tutte le parti e che apre la strada a ricorsi amministrativi a ciclo continuo, di un reddito di cittadinanza che non crea lavoro, di una Quota 100 che a dispetto delle promesse metterà a disposizione un posto di lavoro ogni tre pensionati e che sta svuotando ospedali e scuole, di 160 crisi aziendali che si accumulano sui tavoli del Ministero dello Sviluppo Economico.
Ma davvero, abbiamo i brividi al pensiero, e la logica del tanto peggio, tanto meglio va bene fino a un certo punto, se abiti in Italia. Così come li abbiamo al pensiero di un referendum elettorale sui pieni poteri a Salvini, tanto più con una legge elettorale come il Rosatellum, voluta e votata dal Pd, e diventata il baluardo dello strapotere leghista. A proposito di fenomeni.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/08/24/crisi-governo-salvini-renzi-di-maio-lega-5-stelle/43305/