«Il voto amministrativo, come quello europeo, non serve per battaglie politiche interne». Al centrodestra i ballottaggi hanno consegnato un risultato considerevole, con la conquista a suo modo storica di Ferrara che per la prima volta, dal Dopoguerra, va alla Lega. Ma analizzando l’esito delle urne è Matteo Salvini stesso, nella conferenza stampa, a non immaginare conseguenze dirette sulla vita dell’esecutivo. Stasera andrà in scena il vertice di maggioranza per concordare sul piano politico i prossimi passi nei dossier lasciati in sospeso a lungo, complice lo stallo da campagna elettorale.
Dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte sono arrivati intanto alcuni perentori altolà agli alleati, in primis sulla procedura di infrazione nella quale vuole massimo potere negoziale (assieme al ministro dell’Economia Giovanni Tria) e comunque senza strappi con la Commissione europea. Il timore è che uno scontro a viso aperto con Bruxelles potrebbe riverberarsi contro l’Italia mettendo a serio rischio i risparmi dei cittadini. Sull’intenzione di fondo nessuno dissente dal capo dell’esecutivo. Semmai per Salvini «è fastidioso sentirsi dire come fare da un commissario che non conta più niente», e comunque non va bene «su 28 Paesi essere additati come quelli che devono fare i compiti a casa». Insomma il punto è che «non abbiamo bisogno di chiedere soldi a tedeschi, spagnoli e lussemburghesi. Vogliamo usare per gli italiani i soldi degli italiani», tiene a dire preventivamente il vicepremier. «Se qualcuno pesa di stare al Governo per tirarla in lungo o crescere dello zero virgola, non è quello di cui abbiamo bisogno. Gli italiani ci chiedono di lavorare di più».
Quanto al salario minimo per i lavoratori, punto su cui si è concentrata l’attenzione di Luigi Di Maio nelle ultime ore in vista dell’appuntamento, Salvini è sì «disponibile a ragionare»; tuttavia il salario «lo garantiscono le imprese e se non si riducono le tasse alle imprese, come fanno a garantire il salario minimo?». Come a dire, l’ordine delle priorità è diverso se visto dalla parte del Carroccio. La battaglia nella sintesi offerta dal segretario sta nel «diminuire il tasso di disoccupazione e si riduce solo diminuendo la richiesta fiscale. Meno tasse vuol dire meno disoccupazione. Questo è quello che sarà al centro del dialogo con l’Europa».
Per il resto dal voto locale ognuno può trarre a suo modo qualche notizia confortante. In tutto tremila consiglieri della Lega, in Lombardia il passaggio da 80 a 130 sindaci, la vittoria in fortini “rossi” come Ferrara e Forlì, i primi quattro sindaci nel Lazio: questi alcuni dei risultati rivendicati in via Bellerio. Il Pd è tornato a vincere a Livorno dopo l’esperienza grillina di Filippo Nogarin («l”alternativa a Salvini c’è ed è un nuovo centrosinistra. E siamo solo all’inizio», il commento di Nicola Zingaretti), mentre per il M5S il secondo turno ha portato la vittoria nell’unico Comune di rilievo in cui era in corsa, quello di Campobasso. «Sono contento, è una città che ha bisogno di rinascere come tante altre del Sud e del Nord» ma «non ne faccio un trofeo», rivendica Di Maio.
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