Con l’addio di Edoardo Rixi dopo la condanna a tre anni e cinque mesi per peculato e falso, la Lega non è più rappresentata al ministero delle Infrastrutture. La sentenza del tribunale di Genova non ha provocato scossoni nel Governo: Matteo Salvini ha subito accettato le dimissioni del viceministro, nominandolo responsabile trasporti della Lega, e ha già anticipato che né lui né Armando Siri (l’altro sottosegretario leghista revocato dal premier Conte) verranno sostituiti.
Salvini punta più in alto. E lo si è visto nelle dichiarazioni subito dopo l’annuncio delle dimissioni di Rixi. Ieri il leader della Lega ha attaccato frontalmente tre ministri di peso M5S: Danilo Toninelli (Mit), Elisabetta Trenta (Difesa) e Sergio Costa (Ambiente). «Non chiedo niente a nessuno, ma è chiaro che su alcuni settori ci sono problemi», rispondendo a chi domandava se i tre pentastellati dovessero lasciare. «Per difendere l’ambiente – ha spiegato – non puoi bloccare un intero Paese. I militari meritano copertura politica totale: ho come avuto l’impressione che non tutti si siano sentiti protetti e tagliare gli investimenti sulla difesa è suicida». Quanto a Toninelli, ha replicato con una battuta: «Ho piena fiducia, si è dimostrato uno sbloccatore di cantieri senza uguali». Senza contare, come ha ricordato, che è ancora vacante la poltrona degli Affari europei dopo la nomina di Paolo Savona alla Consob.
Salvini di fatto ha aperto la strada del rimpasto. E Toninelli è quello più in pericolo. Non solo perché detiene il capitolo Tav e in generale le grandi opere che interessano alla Lega, ma anche perché gli stessi Cinque Stelle non sembrano soddisfatti. Anche se proveranno a mantenere il timone del ministero, proponendo un nome alternativo. Chi invece per Di Maio è «intoccabile» sono Trenta e Costa. Mentre vacilla Giulia Grillo alla Sanità, dicastero appetibile per la Lega anche con riferimento all’autonomia chiesta da Veneto e Lombardia. Ma il rimpasto serve anche a Di Maio per ristabilire gli equilibri scossi dalla batosta elettorale: si parla di un significativo ricambio tra i sottosegretari. E viene spiegato così anche l’attacco del pentastellato Angelo Tofalo (Difesa), in odor di sostituzione e sospettato di voler saltare sul carro leghista, alla sua ministra. Accusata di «scelte incomprensibili, quasi mai coordinate politicamente, che hanno solo rafforzato, a causa di errori grossolani, l’influenza di capi e capetti del passato». Il Movimento, in una nota, ha giudicato «molto gravi» le sue parole.
Ma Salvini non si accontenta. E allunga la lista delle priorità della Lega. Che hanno un unico fil rouge provocatorio: essere invise ai Cinque Stelle. Vale per l’emendamento che ha annunciato allo sblocca cantieri per sospendere due anni il Codice degli appalti, non concordato con nessuno, come per la Tav («Se l’Ue aumenterà i fondi al 55% si farà»), la pace fiscale e la flat tax. Che, ha anticipato, arriverà sul tavolo del prossimo Consiglio dei ministri come disegno di legge. Insieme al decreto sicurezza bis, su cui il M5S ha deciso la resa: «È stato rivisto, lo approveremo». In realtà l’obiettivo di Di Maio è disinnescare ogni pretesto per rompere, almeno fino a tutto giugno, quando si chiuderà la finestra per il voto anticipato a settembre. Da qui la nuova retromarcia sui toni, che d’ora in poi saranno «pacati, non più polemici». E infatti ieri nonostante la raffica di dichiarazioni tranchant di Salvini, la risposta M5S è stata per lo più il silenzio. Interrotto da un «basta attacchi, Salvini pensi ai suoi ministri».
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Conte intanto prosegue nella navigazione, nonostante le difficoltà. Ieri il primo Cdm post-voto per l’esame di leggi regionali e per inviare al Quirinale le dimissioni di Rixi. Prima il premier aveva incontrato i capigruppo di Lega e M5S, sollecitandoli ad accelerare i tempi per l’approvazione dei decreti alle Camere, a partire da crescita e sblocca cantieri.
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