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Se l’economia detta l’agenda elettorale di Salvini

Comincia una fase nuova per il Governo. Parlare di una “fase 2” non ha mai portato bene ma ci sono due fatti che spingono a pensare che per Salvini e Di Maio è necessario avviare un percorso diverso da quello fatto fin qui per affrontare la campagna elettorale per le europee. Innanzitutto perché i rapporti di forza tra i due alleati si sono rovesciati in una misura chiara e certificata dalle elezioni in Abruzzo (e il risultato forse si ripeterà anche in Sardegna). Un sorpasso che finora non ha avuto conseguenze visibili nella dinamica dei due partiti ma non sarà così ancora per molto. Il voto sull’autorizzazione a procedere contro Salvini – ci dovrà essere anche il passaggio in Aula – sta solo ritardando il momento in cui la Lega e il suo “capo” pretenderanno di mettere le loro priorità in cima all’agenda. Per ora prevale la tregua, il rinvio, ma non durerà. Ed è per questa ragione che nonostante il voto sulla Tav, il ministro dell’Interno e i “suoi” continuano a dire che l’Alta velocità si farà. Questione di tempo.

Ma la nuova fase non riguarderà solo una diversa gerarchia programmatica e di leadership tra Di Maio e Salvini. Passo dopo passo, infatti, ci si avvicina a una serie di appuntamenti che definiranno il contesto in cui si voterà per le europee del 26 maggio. Dopo Fitch di ieri, si aspetterà Moody’s il 15 marzo, poi arriveranno i dati sul Pil del primo trimestre di quest’anno e ancora – entro il 10 aprile – la scrittura del Def in cui dovranno essere chiare le misure per evitare l’aumento dell’Iva per 23 miliardi, infine S&P il 26 aprile. Questo che vuol dire? Che il ministro dell’Interno non potrà parlare solo di immigrazione, non basterà più. Per tenere un consenso che supera il 30% sarà inevitabile spiegare come si affronta la frenata se davvero la situazione economica andrà secondo le previsioni dei maggiori istituti di ricerca.

Gli servirà quindi cambiare le parole d’ordine della sua propaganda alla luce dei fatti e dei problemi che incalzeranno. È in vista di questi tornanti che il sottosegretario Giorgetti, quello che nella Lega e nel Governo ha maggiore esperienza, ha programmato il suo tour presso le piazze finanziarie più importanti, Londra e New York. E pure se nel Carroccio – e tra i grillini – raccontano che questi viaggi servono a spiegare ai mercati la bontà delle misure scritte nella legge di bilancio, in realtà forse è vero il rovescio: sarà chi può condizionare la nostra tenuta finanziaria che probabilmente spiegherà cosa è necessario fare per disinnescare una serie di mine posizionate da qui alla prossima legge di bilancio.

Insomma, in questa nuova fase il titolo di giornata non lo scriverà più Salvini, come è accaduto finora sull’immigrazione. E infatti, affrontarla sarà un problema più suo che di Luigi Di Maio. Non solo perché è lui che dovrà difendere un primato di consensi alle europee ma perché è il suo elettorato quello più sensibile al rallentamento dell’economia e a eventuali rischi finanziari. Su questo terreno i 5 Stelle hanno meno da perdere per la loro base elettorale più radicata al Sud.

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