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Segnali impercettibili di ripresa della mente occidentale

Qualcosa si muove. Le sardine antipopuliste riconquistano le piazze di Matteo Salvini, i populisti di sinistra si accodano al branco alla ricerca di un’inquadratura, la sinistra-che-fa-la-sinistra ha smesso di rompere ed è tornata a fare la cosa che le riesce meglio, far vincere la destra, Salvini come Marine Le Pen si fa una newco, lasciando i 49 milioni di debiti alla bad company Lega Nord, ma per non far dimenticare le radici dei protoccollari dei savi di Pontida rilancia in diretta tv la candidatura di Elio Lannutti alla Commissione Banche, mandando «Salvini amico di Israele» in finale con «Salvini filo europeo» nella competizione “bufala dell’anno”.

A proposito di banche, tra Popolare di Bari, Xilella e Ilva possiamo finalmente certificare che il populismo del Tavoliere dei Cinque stelle e di Michele Emiliano, antesignano dell’alleanza strategica intorno al Conte 2, in poche mosse ha mantenuto la promessa elettorale della decrescita finanziaria, agricola e industriale del Sud, falcidiando il pil di una regione nonostante la prospettiva catartica di portare via suborbitale qualche burrata di Grottaglie su Marte.

Anche i Cinque stelle si sono riorganizzati, non sapendo che cos’altro fare, istituendo una specie di direzione nazionale in stile prima repubblica, nobilitata dalla presenza di Danilo Toninelli, chiamata Team del futuro come una convenzione di Publitalia 80 e composta dai cosiddetti “facilitatori” nazionali e tematici in modo che fin dalla denominazione si capisca la totale e completa inutilità dell’operazione, esattamente come quella dei navigator, visto che alla fine comanda Davide Casaleggio e che tra i facilitatori tematici si staglia la figura di Dino Giarrusso detto Iena nel cui team lavorerà nientedimeno che Tomaso Montanari.

Oggi è anche il giorno in cui Mara Carfagna lancia Voce Libera, avvia il suo percorso di allontanamento dal populismo di Matteo Salvini e dalla resa berlusconiana e prova a organizzare, per ora nel centrodestra poi si vedrà, l’area liberaldemocratica, garantista e occidentale. Si procede, infine, verso l’adozione di una legge elettorale proporzionale che garantisca una maggiore rappresentatività e un argine ai pieni poteri invocati da Salvini. Dopodomani, la Camera di Washington metterà formalmente Donald Trump in stato d’accusa, anche se poi il Senato a maggioranza repubblicana lo assolverà senza nemmeno fare il processo.

Tra tutti questi impercettibili segnali di ripresa della mente occidentale, il più importante è quello della sconfitta di Corbyn in Gran Bretagna. La scoppola subita dalla sinistra-sinistra dell’Old Labour potrebbe avere qualche effetto negli Stati Uniti dove i democratici hanno deciso da tempo di fiancheggiare le idee socialiste ma sono ancora in tempo per evitare la débâcle e scegliere il candidato da contrapporre a Donald Trump tra un clone di Corbyn, ma yankee quindi già più presentabile, e qualcun altro con la testa sulle spalle che non faccia spaventare gli elettori moderati.

Da noi c’è lo stesso problema, dopo che la ditta Pd ha rigettato il renzismo e ha intrapreso non si sa bene quale strada di sinistra for the many not for the few che abbiamo visto non porta da nessuna parte. Il modello Corbyn è doppiamente interessante per la sinistra italiana, non solo per la virata anticapitalista da evitare, ma anche perché in Gran Bretagna, come ha ammesso lo stesso Corbyn, è fallito il tentativo di tenere insieme brexiters e remainers, l’equivalente inglese dell’italiano «tenere insieme populisti e antipopulisti», ovvero l’amara realtà del governo cosiddetto giallorosso con prospettiva di alleanza strategica tra i demagoghi a cinque stelle e l’agenzia di somministrazione di lavoro governativo altrimenti noto come Partito democratico. I populisti non li puoi mettere con gli antipopulisti, non è possibile in natura.

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/12/16/sardine-salvini-legge-proporzionale-corbyn-carfagna/44770/

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