Il virus corona certo non ha aiutato la riscossa dei liberali, già travolti prima della pandemia dall’ascesa del pensiero unico del populista collettivo, non importa se di destra o di sinistra perché tra i primi e i secondi cambia qualche tono ma tutto sommato la sostanza è la stessa. Salvini e Di Maio, Trump e Putin, Bagnai e Fassina, Crimi e Boccia, Di Battista e Emiliano, Gasparri e De Magistris, Belpietro e Travaglio hanno molti più punti in comune tra di loro che con i liberali, così come Johnson e Corbyn hanno entrambi portato la Gran Bretagna a uscire dall’Europa e i Tea Party e Bernie Sanders hanno demolito insieme la tradizionale politica americana.
L’ascesa dei demagoghi del popolo incontra due notevoli resistenze in Emmanuel Macron e Angela Merkel, il famigerato asse franco-tedesco trasformatosi nell’ultimo pilastro dell’occidente libero in attesa delle elezioni americane di novembre.
Il Financial Times, con Gideon Rachman, adesso invita i liberali a riprendere la battaglia contro i sovranisti e i populisti, ricordando che è il caso di mettere da parte la definizione cara al poeta Robert Frost secondo cui un liberal è una persona di così ampie vedute da ritenere sconveniente parteggiare per la propria parte. Forse, sostiene Rachman, è arrivato il momento di dimenticarsi questa proverbiale tolleranza liberale e di prepararsi a rispondere alla minaccia.
La strada è quella che su queste colonne abbiamo più volte definito «alleanza contro gli stronzi», ma mentre è facile riconoscere i populisti, individuare i liberali non lo è altrettanto, visto che la definizione cambia a seconda della latitudine.
Nell’Europa che ha conosciuto i partiti comunisti e socialisti, comprese le dittature del popolo, i liberali sono considerati di destra, perché in Parlamento siedono a destra dei socialisti. Negli Stati Uniti, dove il socialismo non ha mai fatto presa, i liberal invece sono tradizionalmente l’ala progressista del Partito democratico, seduti alla sinistra dei conservatori.
La definizione autentica in realtà è quella americana, perché i liberali nascono in un’Europa pre-socialista per contrastare il potere assoluto dei monarchi e per questo nei primi parlamenti costituzionali si sedettero alla sinistra degli uomini fedeli al Re e in contrapposizione ai conservatori.
Oggi, infine, i liberali vengono identificati con i liberisti pro mercato, quando come è noto esistono i liberal socialisti, i riformatori e i libertari che sui temi economici sono decisamente meno radicali dei liberisti.
Ma questo è proprio uno dei grandi successi intellettuali dei populisti di sinistra e di destra, essere riusciti a etichettare con il marchio dell’infamia neoliberista Tony Blair e Bill Clinton, Joe Biden e qualsiasi personalità della sinistra liberale, in Italia è toccato a Matteo Renzi, che abbia provato a conciliare progresso e innovazione, stato e mercato.
La battaglia dei liberali contro i populisti è asimmetrica e al momento il risultato pare anche segnato perché, come ricorda ancora Rachman sul Financial Times, i populisti sono mossi dalla ferocia contro i liberali, mentre il punto stesso dell’essere liberali è esattamente quello di non credere nella distruzione dei nemici.
Segni di riscossa liberale contro il pensiero unico del populista collettivo