Dopo un mese senza guida, l’Inps ha un commissionario e un vicecommissario. Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio e il ministro dell’Economia Giovanni Tria hanno firmato il decreto riguardante l’Istituto nazionale della previdenza sociale, in cui Pasquale Tridico è indicato come commissario, mentre per il ruolo di vice è stato scelto Adriano Morrone. Ex direttore generale Enpaia, l’ente di previdenza dei lavoratori agricoli, Morrone è stato capo della segreteria dell’ex direttore generale dell’Inps Mauro Nori, sul quale i Cinque Stelle hanno posto il veto come vicecommissario, facendo ipotizzare che l’accordo tra i gialloverdi potesse saltare.
Dopo il no dei 5S sul nome di Nori, che era designato dal Carroccio per fare il vicecommissario, per qualche ora è tornata in bilico anche la nomina di Tridico, “padre del reddito di cittadinanza” indicato dai grillini per il ruolo di commissario. Nori, già direttore generale dell’Inps dal 2010 al 2015 e oggi consulente del Tesoro, aveva rinunciato. Un boccone amaro per i leghisti, che erano pronti pure a far saltare il tavolo su Tridico. Ora, trovando un nuovo incastro di equilibri politici, è stata propria la rinuncia di Nori a spianare la strada a Morrone, che aveva guidato la segreteria dell’ex direttore generale. La sua nomina a subcommissario, però, non preluderebbe direttamente a ricoprire anche l’incarico di vicepresidente. E la partita si potrebbe presto riaprire.
L’Inps, che dovrà gestire due “patate bollenti” come quota cento e reddito di cittadinanza, era diventato terreno di battaglia tra Lega e Cinque Stelle dal 16 febbraio scorso, quando è scaduto il mandato di Tito Boeri e l’istituto è stato commissariato. Quello di Nori è stato il secondo no, dopo la rinuncia di Francesco Verbaro per incompatibilità. L’accordo tra Lega e 5S, trovata la convergenza su Tridico, voleva che il posto di vice andasse a un tecnico indicato dal Carroccio. Nori aspirava in realtà alla presidenza, ma sarebbe stato disponibile a fare il numero due se in cambio avesse ricevuto deleghe pesanti. Uno spacchettamento al quale Tridico però si sarebbe opposto. E alla fine Nori si è tirato indietro: «Non sono disponibile ad assumere alcun incarico all’Inps. Auguro che l’istituto riesca a superare un periodo particolarmente difficile della sua lunga storia».
Ma dietro le quinte del veto grillino su Nori ci sarebbero state soprattutto le frizioni dell’ex dg dell’Inps con Tito Boeri. Nel 2015, l’ex presidente Inps lo aveva rimosso dall’incarico di direttore generale, spiegando poi pubblicamente in una lettera alla Stampa come durante la gestione Nori si fossero verificate irregolarità nelle procedure d’appalto e fossero stati pure elargiti trattamenti di fine servizio superiori a quelli consentiti dalla legge.
Nori si è spostato poi alla Corte dei Conti, e l’anno scorso è stato chiamato da Tria come consulente. La Lega è sempre stata sponsor dell’ex direttore generale, anche se lui ha precisato più volte di volersi tenere lontano dai partiti. Nel frattempo, ha lavorato alla elaborazione della riforma delle pensioni quota cento ed ha anche collaborato alla definizione di alcuni dettagli del reddito di cittadinanza, entrando quindi pure nelle grazie dei grillini. O almeno di una parte dei Cinque Stelle – soprattutto quella in contrasto con Boeri – che aveva dato il via libera alla sua nomina.
Ma la presidenza Boeri ha lasciato in eredità anche un istituto diviso tra fazioni di dirigenti, quelli che stavano con l’ex presidente e quelli che non ci stavano. E quindi anche con Nori o contro Nori. Con Nori ci sarebbe stata certo discontinuità rispetto all’era Boeri, con la reintroduzione del cda prevista nel decretone dopo nove anni di gestione semi-commissariale. Ma con il ritorno dell’ex dg nel ruolo di vice di Tridico, alcune poltrone strategiche di fedelissimi di Boeri sarebbero potute saltare, dicono i più informati. Dall’interno dell’Inps sarebbe partita proprio una guerra di dossier contro le scelte compiute da Nori quando era direttore generale. Ecco spiegato anche perché l’accordo sul suo nome, che sembrava ormai fatto, non ha trovato la quadra nei Cinque Stelle. Tra i quali ha prevalso invece la corrente vicina a Tito Boeri.
Diverso invece è il caso della nomina di Adriano Morrone, sul quale Cinque Stelle e Lega hanno trovato la quadra. «Un’ottima scelta», ha detto lo stesso Nori, che con Morrone ha lavorato. E anche il Carroccio, che sembrava voler far saltare il banco all’ultimo minuto, ha sottoscritto. Anche perché l’Inps ha bisogno subito di una guida, soprattutto la guida di una figura come Morrone che conosce la macchina amministrativa. Oltre alle incombenze del decretone, l’Istituto dovrebbe pure chiedere indietro i soldi ai pensionati per via del blocco delle indicizzazioni sopra i 1.539 (misura che avrebbe dovuto entrare in vigore già a gennaio).
«Siamo molto preoccupati: è più da un mese che siamo senza presidente», aveva detto Giancarlo Sponchia, presidente di Aniv (Associazione nazionale ispettori di vigilanza). «Chiediamo al governo maggiore attenzione per un ente che interagisce con i cittadini e con le imprese. L’ente che merita la governance giusta, che possa far viaggiare l’istituto. Dobbiamo uscire da quella che era la vecchia politica dei veti e pensare al bene dell’Inps, dei cittadini e del Paese. Anche perché, con le nuove competenze del reddito di cittadinanza e quota cento, l’Inps necessita urgentemente di un legale rappresentante che sappia come funziona la macchina». E così è stato. Morrone è uno di quelli che conosce a fondo l’Inps, una figura necessaria per andare ad affiancare Tridico. Che invece proviene dall’università e che dell’istituto conosce poco o niente.
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