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Sicurezza bis (e tenuta Governo) alla prova della fiducia: le incognite al Senato

 

Si profila dunque una prova politicamente significativa per la tenuta della maggioranza gialloverde, in contesto caratterizzato da un braccio di ferro continuo tra Lega e Cinque Stelle, che si fa ancora più accentuato man mano che si avvicina il momento in cui andranno definite le misure che entreranno nella prossima legge di Bilancio. Il voto di fiducia al decreto sicurezza bis, provvedimento fortemente voluto dal vicepremier leghista Matteo Salvini, è atteso per questa sera al Senato.

Dopo il via libera della Camera, anch’esso con la fiducia, il decreto si avvia a ottenere il sì definitivo (scadrà a metà mese). Al di là delle incognite di queste ore, la maggioranza confida di superare questa prova.

Il secondo tempo della partita: la mozione sulla Tav
Una volta incassato il sì al dl sicurezza, la partita avrà comunque un secondo tempo, politicamente altrettanto scivoloso: martedì si voteranno le mozioni sulla Tav e allora emergerà con chiarezza la spaccatura giallo-verde. La Lega voterà contro la mozione No Tav del M5s e dovrebbe dire sì a quelle pro-Tav di Pd, FI e Bonino.

L’incognita dei senatori pentastellati dissidenti: quanti saranno?
Intanto si naviga a vista, e a tenere banco è il decreto sicurezza bis dove si va alla conta dei voti. A Palazzo Madama la maggioranza M5S-Lega può contare, almeno “sulla carta”, su 167 voti, inclusi due senatori del gruppo Misto. Nel complesso siedono a Palazzo Madama 321 persone, contando anche i sei senatori a vita. La maggioranza assoluta è, dunque, 161 sì. I Cinque Stelle sono il gruppo più numeroso: 107 voti. L’incognita è: che cosa faranno i dissidenti e, soprattutto, a tirarsi indietro sarà un numero contenuto o alla fine la protesta riguarderà più senatori pentastellati del previsto? Nelle ore che precedono la prova in Aula, i ribelli stanno ancora valutando il da farsi. Potrebbero venire a mancare sette voti, ma non è escluso che la protesta si allarghi. Allo stato attuale, oltre a quello della senatrice pentastellata Elena Fattori (che ha già annunciato di non votare la fiducia), dovrebbe mancare i voti di Mattia Mantero, Virginia La Mura, Lelio Ciampolillo, Alberto Airola, Pietro Lorefice e Mattia Crucioli. Si scenderebbe quindi a cento pentastellati. In caso di assenze, poi, il numero scenderebbe ulteriormente. Quanto invece alla Lega, ha 58 senatori, ma potrebbe scendere a 57 perché Umberto Bossi non è detto che venga a votare per motivi di salute. Potrebbero poi aggiungersi il sì dell’ex M5S Maurizio Buccarella e quello di tre senatori della Südtiroler Volkspartei (Svp) e uno dell’Union Valdotaine. Tirando le somme, con l’apporto di questi quattro la fiducia potrebbe contare alla fine, sottraendo i “dissidenti” 5S, su 166 voti, ovvero cinque in più della maggioranza assoluta. Un pugno di voti sarebbero pertanto decisivi.

La scelta di porre la fiducia sul testo
Il governo ha deciso di porre la fiducia sul provvedimento. La scelta, ha spiegato il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo in un’intervista a La Stampa, è stata presa di fronte all’elevato numero di emendamenti (1.240) presentato dalle opposizioni nel passaggio in commissione. Proposte di modifica che, agli occhi della maggioranza, potrebbero allungare i tempi dell’esame, esponendo il provvedimento al rischio scadenza. Se l’esecutivo non avesse deciso di porre la fiducia, Forza Italia e FdI, che non sostengono il governo Conte ma condividono i contenuti del provvedimento, avrebbero con ogni probabilità votato sì al decreto. Gli Azzurri possono contare su 61 senatori, esclusa la presidente Elisabetta Casellati che per prassi non vota, mentre Fratelli d’Italia ha dalla sua 18 voti.

 

 

 

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