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Simone, Greta, Rami? La sinistra non deve ripartire da loro, ma essere alla loro altezza (per non perderli)

Partiamo da un presupposto. È giustissimo elogiare il comportamento di Simone, il ragazzo di Torre Maura che ha affrontato i fascisti di Casa Pound dicendo loro, senza troppi giri di parole, che non è giusto prendersela sempre con una minoranza additandola come colpevole di tutto. Al tempo stesso, però, ha ragione il papà di Simone per cui se la politica esalta suo figlio mettendolo sullo stesso piano di Mimmo Lucano allora c’è più di un problema. Non giriamoci intorno: era inevitabile che un ragazzo capace di affrontare un mucchio di intolleranti dediti alla proposizione periodica di un ridicolo quanto violento e pericoloso cosplay del fascismo, arrivando addirittura a calpestare il pane al grido di “devono morì de fame”, diventasse virale e funzionasse come nuovo ritornello della solita canzone per cui la sinistra dovrebbe ripartire da. Simone di Torre Maura si unisce a Greta Thunberg e Rami nel nuovo pantheon del progressismo, che assurge a eroi ragazzi non ancora maggiorenni che hanno il merito di vedere il mondo per quello che già, e non attraverso gli schemi retrogradi della paura e dell’esclusione portati avanti dalla politica scellerata e dalla propaganda tossica del governo a tinte più verdi che gialle.

Si dice spesso che le istanze per cui oggi le forze progressiste si battono — e cioè la libertà individuale, i diritti civili, i diritti dei migranti e l’accettazione della diversità in un percorso di integrazione — siano già date e che le persone sono più avanti di quanto la politica racconti. Di sicuro, i più giovani credono a una società che non è quella disegnata dall’attuale Spirito del Tempo: una società disegnata dalla paura, dalla guerra di trincea al più povero, dal capro espiatorio e dall’esclusione permanente. Ma questo, bisogna dirlo, non rende questi ragazzi più aperti automaticamente ragazzi di sinistra. In fondo il problema è che la sinistra non deve ripartire da Simone, ma deve diventare una forza politica in grado di fare in modo che Simone si riconosca come una persona di sinistra.

Il grande successo dei populismi nasce (anche) per aver trasformato il povero nel nemico per eccellenza. La propaganda nazionalista sulla chiusura delle frontiere non vuole mettere in discussione i motivi profondi per cui l’attuale sistema economico genera disuguaglianze, ma vuole scaricare la colpa dei problemi in chi è più escluso di chi si è impoverito. Quando si afferma che il problema del razzismo non sia tanto legato al colore della pelle, ma alle condizioni economiche, si sta semplicemente ribadendo che il sistema di contrapposizione politica vuole mettere contro le classi sociali più esposte senza avere la volontà di migliorare strutturalmente le condizioni della società. L’esclusione porta rancore. L’insicurezza porta rabbia. L’impossibilità a vedere il futuro porta tensione verso l’annientamento rivolta a chi sta messo peggio di noi, il capro espiatorio per eccellenza. In una società votata al successo e che vede nell’autorealizzazione materiale l’unico modo per affermarsi agli occhi del proprio circolo sociale, essere poveri è vista come una colpa. Ancora peggio essere poveri e disturbare il processo di chi cerca di sopravvivere e si sente in qualche modo sopraffatto da forze più grandi di lui.

Il ragionamento della sinistra che verrà va inserito qui. Salvare i giovani Simone di questo mondo (non solo delle periferie romane) da questa sensazione di esclusione, questo sentimento di inevitabilità verso l’impossibilità di immaginarsi un futuro. Non trattarli da eroi, ma usarli come termometro di un mondo che cambia e che ha bisogno di sicurezza e prospettiva. Quando si cita la famosa frase dell’Interregno di Antonio Gramsci, per cui il nuovo non può nascere e la situazione genera mostri, si dimentica di legare questa dinamica a come i movimenti neofascisti e sovranisti in giro per il mondo suscitino una fascinazione verso i più giovani. Ne abbiamo già scritto: se lasciamo le persone sole con loro stesse, con le loro paure e con i loro problemi (che possono anche essere legati alla perturbazione portata da inserire corpi estranei dentro un contesto sociale consolidato), arriva qualcuno a dar loro un senso di appartenenza, un senso di comunità, uno scopo e una prospettiva. Non importa che questa prospettiva sia positiva o legata alla distruzione: è fondamentale che persone senza uno scopo di colpo si sentano parte di qualcosa. Le pagine di cronaca sono piene di articoli sui giovani che si legano a formazioni neofasciste proprio per questo.

La lezione di Simone, così come quella di Greta Thunberg e di Rami non sta nel gesto individuale da esaltare come eroico, ma nella possibilità di credere ancora in un mondo in cui le persone ritornano a trattarsi come tali, spingendosi verso la tolleranza e la cooperazione, e non verso l’annientamento. Se la sinistra vuole imparare da tutto questo, non deve costruire il carro su cui salire per un ragazzino che manco ci vuole stare, ma che si è semplicemente stufato del bullismo inutile di quattro fascisti vittime delle loro stesse paure. Bisogna, invece, usare questa spinta per far sì che le tante e i tanti Simone di questo mondo si sentano parte di una comunità di destino, di un racconto condiviso e che non si sentano più soli. Se no sappiamo già come va a finire: lo abbiamo visto succedere, e non va per niente bene.

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/04/06/simone-torre-maura-sinistra/41712/

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