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Siri non si dimette. La Lega: «Non lo molliamo»

Armando Siri non si dimette e nella Lega «nessuno lo molla». È quanto lasciano trapelare qualificate fonti della Lega interpellate sugli sviluppi della vicenda del sottosegretario indagato per corruzione. Secondo questa versione, non farà cioè un passo indietro prima che il premier Giuseppe Conte ne proponga la revoca. Dunque la vicenda si sposta nel Consiglio dei ministri in programma la prossima settimana, probabilmente mercoledì, nell’atmosfera di un muro contro muro tra gli alleati. La convocazione ancora manca ma la riunione dell’esecutivo dovrebbe svolgersi l’8 maggio in mattinata.

A meno di novità «spontanee» in quella sede Conte formalizzerà la decisione nei confronti dell’esponente del Carroccio coinvolto nell’inchiesta siciliana. «Mi meraviglio di tutto questo casino per l’attaccamento a una poltrona. Un caso che si poteva risolvere in due minuti», taglia corto il vicepremier Luigi Di Maio nella serata di venerdì confermando il voto in blocco degli esponenti pentastellati per la decadenza di Siri. «Se diciamo che siamo il governo del cambiamento, che siamo diversi da quelli di prima non possiamo permettere che ci sia una persona che dalle carte sembra che abbia aiutato un piccolo personaggio e lo lasciamo a fare il sottosegretario».

Il decreto di revoca arriverà alla presidenza della Repubblica alla fine di un percorso tutto interno a Palazzo Chigi e solo per un passaggio formale, in linea con alcuni precedenti che confermano la procedura. La nomina e l’eventuale revoca di un sottosegretario sono atti di indirizzo politico che spettano unicamente al governo. La revoca avviene infatti su proposta del premier, di concerto con il ministro competente sulla base della legge 400 della presidenza del consiglio e sentito il Consiglio dei ministri.

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L’interessato per parte sua rimane fermo sulla linea del silenzio in vista del confronto con i magistrati. «Da giorni non rilascio alcuna dichiarazione né intervista, proprio per il rispetto che si deve in questi casi all’autorità giudiziaria, che è giusto che conduca le sue indagini e ascolti le parti interessate senza vizi di comunicazioni esterne». Ma nel frattempo da Siri vengono liquidate come prive di fondamento «in assoluto» certe critiche a lui attribuite («non esiste alcuna polemica con il mio partito che, anzi, ringrazio per tutte le manifestazioni di affetto, vicinanza e solidarietà dimostrate»). Per Alfonso Bonafede (M5S) «un governo dei cittadini italiani non può rischiare per una vicenda che riguarda una singola persona». Non si tratta di valutare in alcun modo la colpevolezza del sottosegretario Siri, precisa il ministro della Giustizia, «qui si sta parlando di una questione di opportunità politica e lo abbiamo sempre detto».

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