Alla fine Di Battista c’è riuscito: è tornato un cittadino comune. Parla in tv ma non fa notizia. Scrive post ma nessuno lo ascolta. Ha annunciato di partire per l’India dopo le elezioni europee, ma è ancora qui. Il suo Movimento è andato due volte al governo ma non è mai diventato ministro. Ha scritto il libro “Politicamente scorretto” per riposizionarsi come leader alternativo a Di Maio ma si è inimicato gran parte della classe dirigente grillina che si è sentita tradita dai suoi retroscena. E quando ha spinto per andare alle elezioni e ritornare in Parlamento i suoi amici Luigi, Roberto e Alfonso hanno deciso di governare con il nemico di sempre: il Partito democratico. Eppure sicuro di sé nel 2017 aveva detto con una certa superiorità al giornalista: «Se il Movimento Cinque Stelle si dovesse alleare con i partiti responsabili della distruzione dell’Italia io lascerei il Movimento». Non ci sarà bisogno perché è già fuori da tutto.
E dire che la scelta di non ricandidarsi sembrava la furbata del secolo. Di Battista voleva fare il battitore libero e vedere Di Maio logorarsi, alla fine l’unico abbattuto è lui. Da quando è tornato dal centro America ha perso il tocco magico e le ha sbagliate tutte. Quando gli dei vogliono punirci, avverano i nostri desideri, dice il proverbio. Ma con Di Battista ci sono andati pesante. Ciliegina sulla torta: al governo c’è anche quel Roberto Speranza contro cui Di Battista si scagliò nella sala stampa alla Camera. Era il gennaio del 2014 e davanti a fotografi e giornalisti, Dibba accuso il neo ministro della Salute di fare delle leggi elettorali con dei condannati. Cinque anni dopo il suo Movimento sarà costretto a fare la legge elettorale proprio con i dem per evitare il ritorno di Salvini. Anche il destino ha la sua ironia.
Fuori dai giochi, l’unica tribuna politica che rimane a Di Battista è quella di Facebook. Non sono serviti i suoi post duri di fine agosto per far saltare la trattativa tra Pd e M5S, né gli ultimatum ai dem. Il suo ultimo post scritto per colpire Paola De Micheli, non ha riscosso grande successo. «La revoca delle concessioni autostradali ai Benetton si chiama revoca. Revoca e basta.Queste sono le mie idee e sono sempre le stesse» ha tuonato contro la neo ministra alle infrastrutture, ma nessuno dei suoi colleghi pentastellati ha dato seguito alla cosa. Lo stesso è successo il 6 settembre quando Di Battista ha commentato su Facebook la sostituzione di Toninelli facendo intendere che ha dato fastidio ai poteri forti e in particolare ai Benetton, citati undici volte nel post. Forse bisognerà ricordare a Dibba che Toninelli è stato fatto fuori col consenso di Di Maio. Nei momenti di pace politica i barricaderi vanno in difficoltà. E anche la sua storica base non è clemente. I commenti ai post su Facebook sono impietosi. «Sarai rimasto con le stesse idee ma non ci fidiamo più di te. Vedi Di Battista … la fiducia si guadagna in anni ma si perde in un attimo: BASTA UN TRADIMENTO!», «Nei 14 mesi trascorsi perché non l’avete revocata la concessione ai Benetton? siete è troppo facile a parlarne, i fatti occorrono ad oggi niente», «Nelle tue idee ti ricordo che c’era una piccola ma spettacolare… Se il M5S si allea ad altri partiti mi elimino dal movimento…». «Comunque non è chiara la tua posizione sull’accordo PD-5stelle. Sei d’accordo? Sì o no? Magari sono io a non aver capito». La piazza social dà, la piazza social toglie.
Senza lo stipendio da parlamentare, ogni fonte di reddito conta. Non si hanno notizie sui ricavi di “Politicamente scorretto”, il suo terzo libro pubblicato con Paper First. Per ora è 53esimo su Ibs, ma nella sezione Bestseller “Società, politica e comunicazione”. Né si sa se scriverà altri reportage per Il Fatto Quotidiano e la critica ha stroncato il suo documentario del viaggio fatto in America Latina. Rimane il ruolo prestigioso di consulente editoriale per Fazi Editore. Strano però che non si parli più del libro su Bibbiano. A luglio ha annunciato su Facebook: «Presto (vi terrò aggiornati) uscirà un libro sullo scandalo di Bibbiano. Tuttavia il libro su l’inferno di Bibbiano sarà solo l’inizio. Vogliamo dare spazio a nuovi autori e a nuove idee». Attendiamo fiduciosi, potrebbe essere l’occasione per tornare in scena.
La politica è come una giostra e abbondano le seconde occasioni. Un po’ come la storiella che si raccontava nel film “La guerra di Charlie Wilson”. Quella del maestro zen che dice “vedremo” quando gli chiedono se il cavallo donato a un bambino porterà fortuna. E quando due anni dopo il bambino cade da cavallo, il maestro zen commenta “vedremo”. Poi scoppia la guerra e tutti i giovani devono andare a combattere tranne il ragazzo che ha la gamba ridotta male e tutti al villaggio dicono: “Che meraviglia”. E il maestro zen dice “vedremo”. Sarà così anche per Di Battista? Vedremo.
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