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Sorpresa, l’Italia è un Paese (quasi) normale, nonostante Salvini e le follie della politica

 

La deriva autoritaria italiana, se c’è, funziona malissimo visto che il potente ministro dell’Interno deve rassegnarsi ad obbedire alle decisioni di una giovane magistrata di Agrigento. E allo stesso modo pure la lotta del sangue (italiano) contro l’oro (la perfida Europa) non è quell’arena sanguinosa che ci avevano raccontato, visto che Bruxelles ci ha appena abbuonato la procedura di infrazione contro la quale da mesi tuonava il governo. Non siamo un Paese fascista, le Carola non vanno al confino ma solo, regolarmente, a processo secondo le ordinarie norme del codice penale. Non siamo un Paese oppresso e svillaneggiato dai poteri forti, il Davide sovranista che si erge eroico contro il Golia immateriale dei burocrati cattivi: l’Unione si conferma assai tollerante nei nostri confronti, addirittura amichevole. Siamo i soliti italiani. Suoniamo la fanfara. Strilliamo. Spaventiamo la gente in un quotidiano “al lupo! Al lupo!”. Ma il lupo non si vede mai.

La narrazione tossica degli opposti estremismi tornerà presto a stressarci. Ma per il momento, in queste ore, le notizie sui casi del momento ci rassicurano sull’esistenza e resilienza di un Paese normale, dotato di un solido assetto democratico e di una rete di protezione assai efficiente capace di agire anche sulla scena internazionale. Un’Italia che ha conservato razionalità e senso del ruolo: non la vediamo in tv, nei talk show, ma esiste e lavora ogni giorno, a dispetto dei bulli che vorrebbero trascinarci in una parodia di guerra civile.

La liberazione della comandante della Sea Watch Carola Rackete ha dimostrato che i rischi di invasione di campo del potere esecutivo rispetto a quello giudiziario sono, al momento, limitate alle parole e ai tweet: qualunque cosa si pensi dell’ordinanza del Gip Alessandra Vella – molto contestata a destra – è evidente che la magistratura sa agire secondo coscienza e responsabilità anche in casi spinosi come questo. Il paradigma del “fascismo alle porte” è una costruzione giornalistica molto gettonata, una tesi politica cavalcata da tanti, ma al momento è priva di riscontri di realtà. Di sicuro nelle democrazie autoritarie che conosciamo e che ci fanno paura – in Russia, ma anche in Ungheria – l’attivista tedesca avrebbe dovuto sudarsi la liberazione assai di più: Orban, tanto per citare un esempio, debuttò da presidente chiudendo la principale radio dell’opposizione e facendo arrestare nove deputati dell’area socialista.

Dall’altra parte, la “clemenza” di Bruxelles sulla procedura di infrazione, dopo l’attento lavoro di ricucitura guidato dal Quirinale, ha dissolto la favoletta dell’Europa nemica per principio, anti-italiana per vocazione, del perfido asse franco-tedesco disposto a tutto per schiacciarci, impoverirci e consegnarci alla Trojka in odio al nostro governo. Mentre i leader sovranisti giocavano la loro guerra dei bottoni contro il resto del Continente, forze responsabili si sono messe in moto per trovare soluzioni e le hanno trovate. E anche qui si è manifestato un silenzioso fronte della responsabilità in difesa del Paese, capace di andare oltre ai tamburi di guerra della politica politicante.

Il governo dovrebbe solo ringraziare. Senza questa “Italia diversa” – contro la quale continua a tuonare sui social, insultandola e disprezzandola – si troverebbe nei guai fino al collo. La convalida dell’arresto della Rackete avrebbe provocato un conflitto frontale con la Germania nel momento meno opportuno. E a Bruxelles, la difesa della linea “i soldi sono nostri e ci facciamo quello che ci pare” sarebbe sfociata in catastrofe. Per paradosso, la rivoluzione gialloverde è stata salvata da chi non vi partecipa, da chi non la condivide, non la ama e di sicuro non l’ha votata: il sovranismo vero – cioè la difesa dell’interesse nazionale – l’ha esercitato chi sovranista non è.

 

 

 

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