La moneta cattiva scaccia quella buona. La moneta cattiva è la politica fusa nella logica mediatica. Perché è quella logica che ha innescato il meccanismo perverso. La politica che a forza di rappresentarsi secondo i format mediatici diventa essa stessa un format, un susseguirsi di format, di sitcom, di serial, di soap opera, di reality, di contest. E un flash di questo fluire senza soluzione di continuità di fiction e reality show è stato questo “duello”, come definito nella trasmissione di Bruno Vespa, con i duellanti rappresentati come schermidori. Il caro, vecchio, frame del duello. E chi meglio dei due Mattei poteva metterlo in scena?
Nessuna reale occasione, si diceva. Nessun presidente da eleggere, nessun candidato da scegliere, nessun premier da incoronare. Tanto più che il sistema, ormai, non lo consente … Quella prima forma di politica mediatizzata, il confronto televisivo tra candidati, passo dopo passo è divenuta un semplice format senza una sostanza che gli fornisca ragione politica. Nessuna reale occasione, ma la finzione che la politica ruoti attorno ai due ego-Mattei. Non è così? Facciamo finta che sia così perché mediaticamente funziona. Il bipolarismo non esiste più, ma inventiamocene uno, per la felicità di stampa e tv, il diletto dei fan, le aspirazioni dei leader-attori. I Mattei sanno di essere personaggi da reality show. Il guanto lanciato, la sfida accolta, lo scontro tra Ego. Gli operatori dei media ritengono che questo ancora funzioni. Il guanto lanciato e la sfida accolta, il prologo del successivo teatrino che serve a entrambi i contendenti per guadagnare di nuovo il centro del palcoscenico. Così, ancor prima che la trasmissione registrata vada in onda giochicchiano su Twitter a chi è stato il più bravo. Si preoccupano anche dei promo! E chiedono al pubblico social: «Specchio specchio delle mie brame, chi è il più bravo del reame? Mi raccomando guardami e poi incensami». E durante la trasmissione twittano i loro pensierini fondamentali, mentre i siti dei giornali pubblicano pillole e commenti dell’incontro. L’evento ha un valore in sé, in quanto evento.
Il contenuto è noiosissimo. Tutto già sentito, anche espresso con le medesime frasi, troppe volte ascoltate. Tutto dentro alla micropolitica contingente della quale i due sono protagonisti. Tutto concentrato su Matteo e Matteo. Io, io, io sono stato bravo, io sono diverso, io non sono come te. Tu, tu, tu non hai fatto, ti sei contraddetto, sei questo, sei quello. Bon ton, frecciate, rivendicazioni, un po’ di tensioni. Ora partiranno le valutazioni su chi è stato più bravo, più efficace, più convincente. Ma bravi, efficaci, convincenti per fare che? A cosa sono candidati? Ci sono elezioni? No, c’è la campagna permanente. Nella campagna permanente del frullato della politica trasformata in puro show si possono anche inventare i competitors, i “concorrenti”. I concorrenti possono provare a convincere che il plot inscenato corrisponde alla realtà. E convincere i media oggi non è molto difficile se si fornisce loro una storia carina. Non ci resta che sperare nel pubblico. Perché quando è ripetuto cento, mille volte, lo spettacolo può stancare, diventare insulso e noioso. E far preferire l’ennesima replica dell’ispettore Barnaby.
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