La proposta del deputato renziano Luigi Marattin è diventata una petizione: l’obiettivo è obbligare chiunque apra un profilo social a presentare un documento d’identità per porre un freno a fake, odio e profili falsi. I pro e i contro
di Biagio Simonetta
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3′ di lettura
È possibile contrastare l’ odio online eliminando l’anonimato? La domanda è molto ricorrente. Soprattutto da quando il deputato renziano Luigi Marattin ha lanciato la sfida per una legge che obblighi chiunque apra un profilo social a presentare un documento d’identità.
Una sfida che, dopo un primo tweet, nel giro di qualche ora è diventata una petizione vera e propria sul sito di Italia Viva: «Basta fake: stop ai profili falsi sui social network». Obiettivo 10mila firme, per una proposta che ritiene «che anche i social network, per legge ed avvalendosi di autorità terze, possano esser messi nelle condizioni di garantire che a un account corrisponda un nome e un cognome di una persona reale, eventualmente rintracciabile in caso di violazioni di legge».
Libertà d’espressione contro sicurezza
L’idea di Marattin non è passata inosservata, e ha scatenato tutta una serie di reazioni. Tuttavia, l’argomento in ballo è di quelli spinosi. E si muove su quel filo sottile che da sempre divide privacy e sicurezza. Secondo diverse scuole di pensiero, del resto, la possibilità di rimanere anonimi in Rete è una garanzia di libertà di espressione.
Che esista l’odio online, però, non è un’opinione. E non è un’opinione neanche la semplicità con cui oggi è possibile aprire un account social. Proviamo allora a capire, dal punto di vista tecnologico, come stanno le cose.
Limiti di età aggirabili
Oggi, per aprire un account Facebook bastano pochissimi passaggi: si accede a facebook.com, si inerisce nome, indirizzo e-mail o numero di cellulare, password, data di nascita e genere, si clicca su “Iscriviti”. Poi basta confermare il tutto accedendo all’e-mail e il gioco è fatto. C’è un limite d’età per iscriversi, che in Italia è 13 anni. Ma chi lo viola cosa rischia? In pratica nulla, se non la chiusura dell’account, nel caso Facebook mai se ne accorgesse. Le stesse regole valgono anche per Instagram (e quelle di Twitter sono quasi identiche), ed è abbastanza palese che raggirarle sia un gioco da ragazzi.
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