Se oggi non piangiamo una tragedia immane, una delle peggiori della nostra storia, è solo grazie a un bambino con dei nervi più saldi di Bruce Willis in Die Hard. L’orrore che deriva da questa considerazione è eguagliato solo da un orrore diverso, ma non per questo meno spaventoso: quello che nasce dal sospetto che una parte del Paese, sotto sotto, non aspettasse altro. Se quel bambino avesse avuto il cellulare spento, o scarico, o se si fosse comportato come la stragrande maggioranza degli adulti si sarebbero comportati al suo posto, mettendosi a pregare paralizzato da una paura fottuta, oggi conteremmo 51 ragazzini morti e saremmo nel pieno di una guerra civile.
Casi di cronaca infinitamente meno gravi sono stati sufficienti a far montare nel Paese un’ondata di intolleranza rappresentata dal consenso di cui attualmente gode il partito del Ministro dell’Interno; per questo è lecito pensare che un fatto del genere, un italo-senegalese che uccide 51 bambini per vendicarsi di Salvini e Di Maio, sarebbe stato in grado di scatenare il Luca Traini che alberga dentro alcuni civilissimi connazionali, che a quel punto sarebbero usciti di casa armati, pensando di fare giustizia in qualche centro di accoglienza. Ma anche la parte del Paese più seria e riflessiva avrebbe con ogni probabilità sbracato completamente, per consegnarsi mani e piedi al Capitano dell’Interno, che a quel punto avrebbe avuto carta bianca per qualunque legge speciale gli fosse passata per l’anticamera del cervello.
Avremmo assistito, insomma, alla definitiva realizzazione di quella “strategia della tensione” che Salvini ha messo in pratica dal giorno in cui si è insidiato al governo, e di cui abbiamo parlato la prima volta lo scorso agosto, quando ci chiedevamo cosa sarebbe potuto succedere in Italia se un giorno fosse scoppiata una rivolta di migranti come quella che nel 2005 incendiò le banlieues francesi. Attenzione: quando diciamo “strategia della tensione” non stiamo facendo un rimando storico o utilizzando una metafora ardita o buttando li un’espressione forte per prenderci un click. Stiamo descrivendo esattamente il clima di allerta perenne e di inquietudine continua che il Ministro Salvini ha promosso in questi mesi nei confronti di chi è straniero, identico a quello che in un’altra epoca apparati deviati delle Istituzioni promuovevano per favorire il diffondersi, nell’opinione pubblica, di un sentimento favorevole a politiche di stampo autoritario.
Se approvi un regolamento comunale che rende virtualmente impossibile, per gli stranieri, accedere alle tariffe più basse per servizi di base; se tale regolamento, benché definito “discriminatorio” da un Tribunale, viene utilizzato tale e quale nei criteri di assegnazione del reddito di cittadinanza; se invece di esprimere solidarietà a una mamma cui hanno minacciato di bruciare il figlio, esigi che quella stessa mamma prima ti baci la pantofola solo perché suo figlio è di origine africana; se, insomma, utilizzi ogni minuto della tua giornata per cercare con ogni mezzo di far passare il messaggio che lo straniero non abbia gli stessi diritti di un cittadino “normale”, ma sia sempre in dovere di dimostrare qualcosa più degli altri, anche quando minacciano di ammazzargli un figlio, stai educando il Paese ad essere sospettoso a prescindere. E quindi stai facendo esattamente quello: la strategia della tensione.
Poi possiamo discutere se nel frattempo stai anche combattendo l’immigrazione clandestina, contrastando i taxi del mare con a bordo quel velinone narciso di Casarini, diminuendo i morti e gli sbarchi, eccetera eccetera. Ma nel fare tutto questo, stai promuovendo un clima per cui, che tu lo voglia o meno, che a te piaccia o meno, nel momento in cui il gesto di un pazzo o di un povero pirla crea conseguenze drammatiche, un’opinione pubblica stremata dalla paura e resa furiosa dal dolore, sia disposta ad utilizzare l’episodio come scusa per perdere definitivamente i freni inibitori, e chiedere a gran voce un’agenda che in un’altra epoca si sarebbe definita eversiva. Non è complottismo: è quello che abbiamo già vissuto qualche decennio fa e di cui tutti, adesso, sembrano essersi dimenticati. Oppure, è esattamente quanto mise in atto, in Francia, l’allora Ministro dell’Interno Nicolas Sarkozy, che dopo aver instaurato un clima di tensione irrespirabile, passò all’incasso sedando la rivolta delle banlieues con il pugno di ferro, sfruttando poi il consenso per farsi eleggere presidente.
L’eroismo di un bambino, ieri, ci ha fortunatamente impedito di scoprire cosa sarebbe accaduto se la storia si fosse ripetuta con una tragicità sicuramente inedita. Ma se non cambierà presto il clima di fondo, se l’immigrazione non tornerà a essere il terreno di uno scontro politico anche duro, ma rimarrà lo scannatoio dove affrontarsi esclusivamente su base ideologica, già da oggi torneremo a correre lo stesso rischio. E non ci sarà sempre un bambino a salvarci dalla follia di noi stessi.
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