«L’oppio è ormai la religione dei popoli», scriveva Ennio Flaiano, rielaborando, con quell’intelligenza messa al servizio del disincanto che lo contraddistingueva, una delle frasi più celebri di Karl Marx. E che la religione possa essere per il politico uno strumento per stabilire un contatto con gli elettori lo ha capito – tra gli altri – anche Matteo Salvini.
Rimandi a simboli cattolici sempre più frequenti
Tra un intervento al Congresso mondiale delle famiglie a Verona, rosari esposti dal palco di una manifestazione sovranista, in un comizio elettorale o crocifissi “branditi” in conferenza stampa, e parole di apprezzamento pronunciate all’indirizzo del Papa, il segretario federale della Lega ne ha fatto un punto fermo della strategia di comunicazione, soprattutto nelle battute finali della campagna elettorale che l’ha condotto al boom delle Europee.
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Le parole di stima verso il Papa
Il Pontefice è, stando alle dichiarazioni rilasciate da Salvini, un punto di riferimento per il leader del Carroccio. In più di un’occasione il ministro dell’Interno esprime parole di apprezzamento nei confronti del Santo Padre. «Sarei onorato e felice se mi concedesse 5 minuti del suo tempo, ho sempre da imparare da lui», confida. L’attenzione nei confronti di Bergoglio da parte del leghista nasce anche dalla constatazione che «l’Europa ha avuto la faccia tosta di negare le nostre radici giudaico cristiane. Noi – osserva ancora Salvini – veniamo da una civiltà che viene da Gerusalemme, Atene e Roma: io rivendico con orgoglio la nostra cultura e lo faccio aiutando gli ultimi, salvando le vite». Sullo sfondo, quella politica dei porti chiusi, punto fermo della politica salviniana fin dagli esordi dell’esecutivo giallo verde, che più di una perplessità ha destato nel mondo cattolico. Senza dimenticare quei gesti che, per rimanere solo agli ultimi mesi, si sono tradotti in prese di distanza della Chiesa dalle politiche del ministro: la decisione del Papa di ricevere una famiglia rom o quella dell’elemosiniere vaticano, il cardinale Krajewski, di riattivare la luce in uno stabile occupato da oltre 420 persone a cui erano state tolte luce e acqua calda perché morose per 300mila euro.
I tanti rosari esposti
Oltre al Papa, nel rimando costante a protagonisti e simboli della religione cristiana che caratterizza la strategia comunicativa del responsabile del Viminale, rientra anche il rosario. Le occasioni sono più di una. È il rosario mostrato alla platea sovranista che si è data appuntamento a Milano, tra qualche fischio indirizzato al pontefice. È il rosario regalato da una donna durante un comizio elettorale a Galliate, nel Novarese, e baciato dal leader del Carroccio, soluzione applaudita dai militanti accorsi ad ascoltare l’intervento del “Capitano”. È il rosario che gli viene regalato da una signora di Vercelli, la quale gli chiede di consegnarlo a Barbara D’Urso, conduttrice della trasmissione “Pomeriggio Cinque” (richiesta che esaudirà, una volta invitato nel salotto del programma Mediaset).
L’effige di Gesù e il bacio al crocifisso
Dopo le prime proiezioni sulla vittoria alle europee Salvini esulta su Facebook: «1° partito in Italia». La foto della “cameretta” diventa virale in pochi minuti. In prima fila il tapiro d’oro e una effige di Gesù. Poco dopo il crocifisso baciato a mezzanotte e mezzo della notte elettorale, in apertura della conferenza stampa convocata nella sede del partito a via Bellerio per commentare il 34% ottenuto alle urne. «Ringrazio chi c’è lassù e non aiuta Matteo Salvini e la Lega ma aiuta l’Italia e l’Europa – chiosa -. Ho affidato al cuore immacolato di Maria non un voto ma il destino di un Paese e un continente». Dietro quel simbolo cristiano “sventolato”, spiega, «ci sono dei valori, una cultura, una identità, una tradizione». Parlando dell’epoca che aveva davanti agli occhi, Flaiano si chiedeva: «Dove sono i santi? Dovremo accontentarci di morire in odore di pubblicità».
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