L’uomo che nel febbraio 2019 veniva additato da Guy Verhostadt, nell’Aula dell’Europarlamento, come il “burattino” di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, l’anno dopo prendeva il timone dell’Italia invasa dal Covid-19. Basterebbe questo dato per descrivere la parabola di Giuseppe Conte, l’avvocato e docente pugliese chiamato dal M5S a fare il ministro per la Pa, divenuto premier del governo più populista della storia italiana e capace di resistere al ribaltone del Papeete restando alla guida di un esecutivo M5S-Pd-Iv-Leu.
Quell’esecutivo che, il 5 settembre, compie un anno. Nello stesso giorno, 365 giorni fa, il governo Conte II giurava davanti al presidente Sergio Mattarella dopo che, 24 ore prima, il premier incaricato dal Quirinale aveva sciolto la riserva.
Se c’è un minimo comune denominatore tra il Conte I e il Conte II è il contesto a dir poco “movimentato” che ha circondato Palazzo Chigi. Basti pensare che, nelle stesse ore in cui i giallorossi giuravano, Matteo Renzi di fatto formalizzava la sua uscita dal Pd e la prossima fondazione di Italia Viva, trasformando l’esecutivo da tri-partito a quadri-partito.
Ma Conte, dopo aver vestito i panni di “arbiter” tra M5S e Lega e di mediatore tra un’Europa “avversa” e i gialloverdi sulla manovra del popolo, nel frattempo aveva mutato la sua attitudine. Creandosi un suo inner circle e, soprattutto, un altissimo consenso.
E’ il governo dei dossier spinosi, il Conte II. Dall’ex Ilva a Autostrade, da Alitalia fino al grande piano della banda larga che vede coinvolti Cdp, Tim e, forse, anche Mediaset. Ma il governo Conte II è, innanzitutto, quello che ha guidato l’Italia durante la tempesta del coronavirus. Il 21 febbraio, a Codogno, veniva individuato il primo focolaio. Da quel giorno la parabola di Conte è mutata radicalmente. Il premier sceglieva di prendere le redini dell’emergenza. Esponendosi, anche mediaticamente. Attirandosi le ire dell’opposizioni, lo scetticismo degli alleati, ma anche l’attenzione di tutti gli italiani.
Le sue conferenze stampa, a sera, sugli aggiornamenti in merito al lockdown, sono diventate un appuntamento centrale della politica e del mondo dei social. “La storia ci giudicherà”, dirà Conte all’inizio della Fase 2, respingendo gli attacchi del centrodestra in Parlamento. Di certo, il suo governo è arrivato a limitare diritti e libertà come, nel secondo dopoguerra, non era mai successo. E, allo stesso tempo, è riuscito a trasformare il Paese in quello che leader stranieri e media internazionali,definiscono un “modello” nella lotta al virus.
Tutto ciò non ha però stabilizzato l’esecutivo. L’incrocio tra referendum e Regionali è destinato riportare la maggioranza nella tempesta. Il rapporto “irrisolto” tra Conte e il M5S, con un Movimento di fatto senza leadership, non contribuirà a calmare le acque. Il premier, dalla sua, ha una “vittoria” da rivendicare: i 209 miliardi concordati dall’Ue con il Recovery Fund. E il piano di rilancio che vuole portare a Bruxelles entro il 15 settembre è per il capo del governo al tempo stesso una sfida e un “jolly” da mettere in campo contro eventuali crisi.
Al momento, il governo Conte II è il 35/o per durata nella storia della Repubblica. Ha battuto avversari “eccellenti” come il governo Forlani, il governo Moro I e, più recentemente, l’esecutivo di Enrico Letta.
L’ex avvocato del Popolo non ha nessuna intenzione di fermare la sua corsa, magari contando anche sull’assiduità dei rapporti con il capo dello Stato. E puntando su una tela di rapporti internazionali che, nel segno di un pragmatismo geopolitico spesso accusato di trasformismo, lo vede vicino a Donald Trump ma anche a Angela Merkel.
Fonte Ansa.it