Non ha un voto che sia uno. Non ha un parlamentare che sia uno. Non ha nemmeno l’esperienza politica del boiardo di Stato, quella di un Romano Prodi, per dire, pure lui generale senza armate. E gode della fiducia di Mattarella e di Juncker e Moscovici solo perché non esistono altri interlocutori possibili. Perdonate la brutalità, ma se siete tra quelli che sperano che Conte Giuseppe da Volturara Appula, l’avvocato del popolo scelto sull’elenco del telefono – cattiveria che gira nei salotti romani – per fare il ministro della giustizia del governo Di Maio e poi il premier di mediazione per Lega e Cinque Stelle, tocca riportarvi sul pianeta Terra.
Certo, le dimissioni del presidente del consiglio, che vuole mandato pieno per trattare con l’Europa sarebbero un problema, per Salvini e Di Maio. Ma ancora di più lo sarebbe una manovra lacrime e sangue come quella che tocca fare per pagare il conto della prcedente. Ecco perché Salvini, e pure Di Maio, non mollano sul punto: niente manovra correttiva, giù le tasse, su il deficit e guai a chi tocca Quota 100 e reddito di cittadinanza. Ed ecco perché le minacce di dimissioni di Conte sono un bluff giocato male, che non ha possibilità di successo.
Primo: perché le dimissioni del premier non sarebbero figlie di un collasso della maggioranza, che al contrario, sembra essersi rinsaldata – ma va? – dopo le elezioni europee, soprattutto perché Di Maio deve aggrapparsi a Salvini con tutte le sue forze per evitare di essere mangiato vivo dai suoi. Un’ eventuale uscita di scena di Conte porterebbe banalmente alla scelta di un nuovo notaio, capace di mediare tra Lega e Cinque Stelle, fare da ponte col Quirinale e smussare gli angoli con Bruxelles, senza permettersi di togliere iniziativa politica ai due vicepremier. Di figuranti è pieno il mondo. Pensare che Conte sia insostituibile, o che possa “strapazzare” Salvini in Consiglio dei Ministri – come è arrivato a titolare il Fatto Quotidiano stamattina – è sovrastimarne capacità e ruolo.
Secondo: perché a cercare l’incidente, quasi quasi, si fa un piacere a Matteo Salvini. Che, per quanto sia riluttante, ha in mano la carta del voto e sondaggi che danno la Lega attorno al 35%. Può pure far finta che l’opzione non esista, che lui è uno che i patti li rispetta, ma il senso di quelle parole è che a lui questa maggioranza va bene solo se obbedisce ai suoi ordini. Nel momento in cui il leader leghista dovesse essere messo in minoranza all’interno del governo, saluterebbe tutti senza troppi complimenti. Scommettiamo che qualcuno, dalle parti dei Cinque Stelle, riporterà il premier a più miti consigli?
Terzo: perché pure la Commissione sta bluffando con lui. Juncker e Moscovici lo usano per rompere il fronte di governo, per far uscire allo scoperto Salvini, ma sanno benissimo che è con lui, nuovo capo dei sovranisti in Europa, che dovranno trattare. E non è un caso che nonostante le rassicurazioni del presidente del consiglio continui a prevalere la linea dura nei confronti dell’Italia – è di ieri l’ok dei tecnici della Commissione alla procedura di infrazione -come se la parole di Conte e Tria, che ogni giorno rassicurano su una manovra in cui il deficit non aumenterà, valessero meno del due di picche.
Fossimo in Conte, insomma, qualche domanda ce la faremmo. Fossimo in chi ripone fiducia in lui, dal Quirinale a pezzi dell’establishment italiano, pure. Lo showdown si evita solamente se è Salvini a volerlo evitare. Se l’andazzo sono i minibond, Alberto Bagnai ministro per i rapporti europei e una manovra in deficit, giocando sul terrorismo che se crolla l’Italia crolla tutto, vi conviene allacciare le cinture di sicurezza. E perdere ogni speranza nel mite avvocato che, complice il caldo, si crede Napoleone.
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