Più di cento articoli e quasi mille commi. In cui si trova di tutto: plastica, zucchero, auto aziendali, cuneo fiscale, carburanti, pale eoliche, piste ciclabili, asili, facciate, dimore storiche, bollette. La manovra con il bilancio economico dello Stato per il 2020 è arrivata blindata alla Camera, che ha dovuto solo votare la fiducia al governo (con 334 sì, 232 contrari e quattro astenuti), di fatto ratificando quanto deciso in prima lettura dal Senato, dopo un lungo restyling all’ultimo respiro nella litigiosa maggioranza giallorossa. E a dover trovar la quadra con tanto di squadretta tra le diverse anime del governo, alla fine il risultato è che manca un’idea forte e unitaria di sviluppo del Paese, una norma portante che indichi dove si vuole andare nel nuovo ventennio. Doveva essere la manovra del Green New Deal, della lotta all’evasione fiscale (ve li ricordate i proclami dei 7 miliardi del Nadef, sì?) e del taglio strutturale del costo del lavoro. E invece è rimasta una manovra senz’anima, senza pathos. Pochi euro distribuiti qui e lì nel clima festivo delle ultime giornate prima di Natale. Niente di più.
È vero, su 32 miliardi di manovra, 23 sono stati usati per disinnescare l’aumento dell’Iva. Ma il resto è stato spalmato su voci diverse, senza mai incidere davvero su nessuna. Se si va a cercare nei rivoli delle norme, commi e rimandi della legge di bilancio, non si capisce proprio quale sia il core business della legge. Un po’ di taglio al cuneo fiscale qui (3 miliardi nel 2020: spiccioli), un po’ di green con le tasse sulla plastica e le auto aziendali lì (rigorosamente ridotte all’osso e rinviate) e un tris di bonus per la famiglia, tra asili, allattamento e nuovi nati. Ma niente che possa convincere davvero gli italiani a riprodursi per abbattere l’invecchiamento demografico, intendiamoci. Persino le rivalutazioni per le pensioni, introdotte per tenere buoni i sindacati, si traduce in un aumento di 25 centesimi al mese per circa 2,8 milioni di anziani. Pochi spiccioli che hanno fatto infuriare il mondo delle pensioni.
Idem per la riduzione del costo del lavoro. Il taglio al cuneo fiscale entrerà in vigore a luglio 2020 e si tradurrà in circa 50 euro in più nelle buste paga dei lavoratori al di sotto dei 35mila euro. La famosa lotta all’evasione fiscale annunciata, invece, si traduce in incentivi all’uso dei pagamenti elettronici, tra cui il cosiddetto bonus Befana, cioè il rimborso di una parte degli acquisti fatti con carte di credito e bancomat. Ma i dettagli verranno definiti con ulteriori interventi normativi.
Sulla plastic e la sugar tax il dibattito politico è stato molto acceso, con le multinazionali sulle barricate a minacciare di lasciare il Paese e le associazioni di categoria con i fischietti davanti a Montecitorio. Il risultato è stata una netta riduzione delle due imposte rispetto alle ipotesi iniziali. La tassa sulla plastica, che si applica agli imballaggi monouso, si è fermata a 45 centesimi al chilo e partirà da luglio. Quella sullo zucchero, che riguarda le bevande analcoliche, resta a 10 centesimi al litro ma partirà da ottobre. Azzerato, invece, il gettito previsto dalla tassazione sui mezzi aziendali, che è stata rimodulata a vantaggio di chi opterà per auto a basso impatto ambientale. Il Green New Deal, insomma, può aspettare. Unica novità “rivoluzionaria”: l’abolizione del superticket regionale da 10 euro.
E con la manovra blindata in seconda lettura per evitare l’esercizio provvisorio, senza possibilità di modifica, il dibattito alla Camera prima della fiducia è stato ancora più sottotono della manovra stessa. Il deputato di Più Europa Riccardo Magi, ha denunciato il «monocameralismo di fatto», uscendo dall’aula e rifiutandosi di partecipare al «voto di fiducia che umilia al Parlamento». Unica scintilla.
Poi gli stessi deputati di maggioranza, uno dopo l’altro hanno ammesso sommessamente che sulla legge di bilancio in effetti «si poteva fare di più». «Una manovra di 32 miliardi che ne impiega 25 per lasciare le cose come stanno», ha detto Luigi Marattin di Italia Viva, «è evidente che non può rispondere a tutti i bisogni che ha questo Paese». «Se il collega Marattin fa la sua dichiarazione con scarso entusiasmo, figuriamoci la nostra», ha detto provocatoriamente la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. «Si poteva fare di più? Pensate che altra manovra avremmo potuto scrivere se non avessimo avuto tutta l’evasione fiscale che abbiamo», ha detto nostalgico Federico Fornaro di LeU.
Ci ha provato a rianimare il dibattito l’ex ministro dell’Economia e deputato del Pd Pier Carlo Padoan, quando ha provato a dare un nome alla manovra definendola la «legge che guarda in avanti», provocando qualche sorrisetto delle opposizioni. Nemmeno l’ostruzionismo di Fratelli d’Italia, con gli interventi a raffica dei parlamentari, ha scaldato gli animi prenatalizi della Camera.
Per il governo, come ha detto il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, si tratta di un «piccolo miracolo», in un momento in cui la maggioranza continua a essere attraversata da tensioni e accuse incrociate, dalla questione del Fondo Salva Stati al nodo della prescrizione. Il “piccolo miracolo” di Natale, però, con i conti tenuti in ordine, non durerà a lungo. L’Italia ha bisogno di crescere. E i dossier più divisivi aspettano il governo proprio dietro l’angolo.
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