Il decreto sicurezza bis è entrato in vigore il 15 giugno scorso, meno di due settimane fa. È stato duramente contestato fino alle elezioni europee dai Cinque Stelle, ma è stato approvato lo stesso. Ha sollevato perplessità anche nel contesto degli uffici legislativi del Quirinale, in una dialettica che il Movimento ha messo in piazza per giustificare il mancato varo del decreto prima delle Europee, ma è stato firmato lo stesso.
Tanto più, come ha scritto su queste pagine Vitalba Azzolini, con una procedura, quella della decretazione d’urgenza, che non avrebbe dovuto sussistere in una fase in cui gli sbarchi sono in netto calo. Nessuno, nemmeno su questo, ha avuto nulla da ridire, in primis l’opposizione. Le cronache politiche delle scorse settimane sono piene di polemiche su Calenda e sul suo presunto partito centrista, sulle querelle tra Di Maio e Di Battista e Fico, sull’opportunità o meno della sospensione di Luca Lotti, sulla diarchia Toti-Carfagna in Forza Italia, sulle manovre in vista di futuribili elezioni politiche. Ma sul decreto sicurezza bis, nessuno – lo ripetiamo: nessuno – ha battuto ciglio.
Poi succede che la nave Sea Watch 3 recuperi qualche decina di migranti al largo delle coste libiche. Che li porti verso Lampedusa, perché la Libia non è un porto sicuro. E che per tredici giorni chieda di sbarcarli nell’isola. Succede che Salvini si rifiuti, pure, perché il decreto sicurezza bis, approvato dal consiglio dei ministri, firmato dal presidente della Repubblica, dice all’articolo 1 che il ministro dell’interno “può limitare o vietare l’ingresso il transito o la sosta di navi nel mare territoriale” per ragioni di ordine e sicurezza, ovvero quando si presuppone che sia stato violato il testo unico sull’immigrazione, e in particolare si presuppone sia stato compiuto il reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
Un articolo contestato dagli esperti perché pone una questione di conflitto di competenze tra ministero dell’Interno, ministero dei trasporti e delle infrastrutture e ministero della giustizia. Ma soprattutto perché è compito delle procure e quindi del ministero della giustizia aprire un’indagine per un’ipotesi di reato di tipo penale come il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il ministro tuttavia ha presupposto e bloccato e nessuno ha avuto niente da ridire.
Poi è successo pure che la Sea Watch 3 abbia fatto ricorso alla corte dei diritti dell’uomo a Strasburgo, visto che in Italia la legge approvata non consente appigli, ma da Strasburgo il ricorso è stato respinto, perché mancavano i requisiti dell’emergenza umanitaria, visto che le persone più deboli – donne incinte, bambini, ammalati – erano già stati sbarcati. Niente obbligo di provvedere a un porto per lo sbarco, quindi, sebbene l’Italia resti in aperta violazione delle convenzioni internazionali che disciplinano i salvataggi in mare.
E così oggi accade che la capitana della Sea Watch 3, Carola Rakete, la “sbruffoncella”, secondo le parole del Ministro Salvini – decida di violare il blocco ed entrare nelle acque territoriali italiane, in ossequio alle norme internazionale e in violazione di quelle italiane. Che Salvini decida di schierare la marina e l’esercito contro la nave dell’ong. Che Giorgia Meloni proponga di affondare la nave.
Che il Movimento Cinque Stelle – che per primo parlo delle ong come taxi del mare – continui a rimanere in silenzio, dando la colpa all’Unione Europea che non ha cambiato il Trattato di Dublino (sulla cui riforma il governo italiano ha votato contro). E che le opposizioni, al contrario, si sveglino dal torpore, con Zingaretti che chiede un incontro a Conte, Orfini che tesse elogi alla Rakete, con la presenza in massa a Lampedusa di deputati e senatori di Pd e + Europa per supportare la Sea Watch 3, finendo per strumentalizzare una vicenda che è stata fatta passare in cavalleria per settimane, perché a parlare di immigrazione, pare, si finisce per regalare voti al Capitano.
Il problema è che il ministro capitano Matteo Salvini il suo l’ha fatto e ha portato a casa esattamente quello che voleva. L’incidente perfetto per far sparire le navi delle Ong dal Mar Mediterraneo. Mentre gli altri, oggi, per tattica, per paura o per ignavia, oggi possono solo stare a guardare il suo show sui social, condito dalle solite frasi sprezzanti, dal buon riposo al parroco che non dorme per i migranti, ai migranti, «che per quanto mi riguarda possono rimanere lì fino a Natale». Alla fine la politica non è solo show e comunicazione, e questa vicenda ne è una rappresentazione plastica. Salvini persegue una strategia – giusta o sbagliata che sia -, gli altri osservano e parlano a comando, quando la notizia riemerge carsica e offre un’occasione di visibilità. Indovinate di chi è la colpa, se oggi lui stravince e gli altri straperdono.
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