Sarà il voto di fiducia di oggi pomeriggio alla Camera a mandare in dissolvenza la crisi politica che ha occupato la scena delle ultime settimane. Si capiva che quello sarebbe stato un momento di chiarezza perché la Lega non avrebbe potuto dare la fiducia al Governo e subito dopo toglierla
di Lina Palmerini
Tav, sì al tunnel della discordia dopo una discussione lunga 30 anni
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Sarà il voto di fiducia di oggi pomeriggio alla Camera a mandare in dissolvenza la crisi politica che ha occupato la scena delle ultime settimane. Si capiva che quello sarebbe stato un momento di chiarezza perché la Lega non avrebbe potuto dare la fiducia al Governo e subito dopo toglierla.
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È vero che i deputati si esprimeranno sul decreto sicurezza ma giocarsi l’arma della fiducia mette sul tavolo la sopravvivenza stessa del Governo ed è per questo che la scelta definitiva è stata presa con il sì di Salvini. Dunque un nuovo puzzle si sta componendo in questi giorni di fine luglio e non parla di rottura ma di prosecuzione della legislatura. L’altro tassello, molto più importante, che allunga la vita all’Esecutivo è l’apertura di Conte sulla Tav. Potrebbe essere raccontato come un colpo di teatro se non fosse che da tempo si conosceva la data di scadenza per dire un sì o un no all’Europa, il 26 di questo mese. E ieri il premier ha tagliato il nastro dell’Alta velocità: si va avanti «perché non farla costerebbe molto di più». In pratica una versione opposta a quella dei 5 Stelle che hanno impiegato fior di studiosi per dimostrare che nell’analisi costi/benefici, i primi superavano i secondi. Invece secondo Conte i finanziamenti aggiuntivi dell’Europa correggono i numeri.
Senza dubbio una vittoria per Salvini che ora ha una ragione in meno per rompere visto che ottiene un risultato contro i 5 Stelle e forse anche le dimissioni di Toninelli. Lui sperava che dopo la sconfitta al voto europeo i grillini sarebbero implosi, che Di Maio sarebbe stato ridimensionato, che si sarebbe aperto un conflitto interno in grado di destabilizzare la maggioranza e aprirgli la porta verso le urne. Così non è stato e lui, alla fine, o per la vischiosità delle inchieste giudiziarie sul Russiagate o per i timori di possibili ribaltoni, ha preferito non prendere l’iniziativa della crisi. Così ieri i segnali sono diventati opposti a quelli delle ultime ore: da un lato dando il via libera al voto di fiducia alla Camera e poi per un altro particolare. Ieri è andato a Bibbiano, comune in provincia di Reggio Emilia, dove è esploso il caso dei falsi affidi di bambini e dove il sindaco del Pd è indagato per falso e abuso d’ufficio.
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