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Zingaretti lancia il congresso del Pd contro il rischio impasse

la direzione del partito democratico

I dem e il rischio di restare schiacciati tra le bordate di Renzi e la discussione interna al M5s: da qui l’idea di un congresso«a tesi» entro giugno

di Emilia Patta

7 febbraio 2020


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3′ di lettura

Contro Italia Viva di Matteo Renzi, che con la sua posizione intransigente sulla prescrizione rischia di far saltare la maggioranza giallo-rossa quando si arriverà a votare il decreto in Senato. E contro il M5s, il cui dibattito interno tra dimaiani e contiani rischia di dissolvere il movimento e con esso lo stesso governo. E anche contro il premier Giuseppe Conte, sia pure elogiato come «punto di riferimento del campo progressista», che in attesa del chiarimento interno al M5s agli Stati generali di aprile rischia un immobilismo di fatto.

Zingaretti e i rischio della vittoria «frustrata» in Emilia Romagna
Nicola Zingaretti apre la prima direzione dopo il voto in Emilia Romagna che ha certificato la vittoria del centrosinistra e del Pd con la frustrazione di chi non può andare subito all’incasso. «I nostri alleati sembrano ignorare l’unità combattiva della destra – è l’analisi del segretario del Pd -. Nel campo che si oppone a Matteo Salvini il Pd è certamente centrale, ma attorno a noi non c’è ancora una volontà di andare a sintesi. Il M5s è tutto dentro un dibattito che rischia di condurre alla dissoluzione. Italia Viva enfatizza il conflitto. Dobbiamo lavorare, perché nel campo democratico ci sono processi complessi e non tutti prevedibili».

La sferzata a Conte: il governo deve ripartire, no rallentamenti
Quando al governo Conte 2, «non lo considero come un governo amico ma come un governo pienamente del Pd e penso che abbia svolto un’azione decisiva pur tra mille difficoltà ma deve ripartite, il Pd non è disposto ad accettare rallentamenti».

Evitare la «palude» fino agli Stati generali di aprile del M5s
Evitare il più possibile il rischio palude, insomma. Con un governo impegnato un una lunga quanto inconcludente “verifica” a tappe fino al momento clou di quegli Stati generali del M5s che dovrebbero ridisegnare la mappa della politica italiana. Sia Zingaretti sia Conte hanno messo in conto una possibile scissione del movimento tra chi come Di Maio propugna la terzietà rispetto a destra e sinistra e chi, come lo stesso premier e i ministri Stefano Patuanelli e Federico D’Incà nonché il presidente della Camera Roberto Fico, propugna la scelta di campo riformista ed europeista a fianco del Pd contro la destra a trazione salviniana. L’obiettivo comune è fare in modo che la possibile scissione, se ci sarà, sia più innocua possibile trascinando la maggior parte del movimento nel campo “giusto”.

L’indecisione del M5s e le regionali di giugno che incombono
Ma dal punto di vista di Zingaretti non si può neanche attendere in eterno, dal momento che le regionali di giugno incombono e con esse la necessità di alleanze il più larghe possibili a livello locale per non consegnare a Salvini le regioni chiamate al voto (Veneto, Liguria, Marche, Toscana, Campania e Puglia): «Rispettiamo il dibattito interno al M5s, il Pd non vuole lucrare ed essere onnivoro sulle difficoltà degli altri, ma il dibattito non potrà durare a lungo. Noi vogliamo essere il perno di un campo per contrastare la destra di oggi. Non si lasci il Pd da solo a combattere le destre facendo finta di non vedere il peso nazionale di un voto in 6 regioni».

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