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Zingaretti s’indigna contro ignoti per Bibbiano, ma perché non telefona a Di Maio?

 

Nicola Zingaretti ha ragione da vendere. Le parole che affida al suo profilo Facebook, commentando la decisione della Cassazione su uno dei casi di cronaca più strumentalizzati degli ultimi decenni, meritano di essere riportate integralmente: «La campagna indecente contro il Pd e il sindaco di Bibbiano non si dimentica. Ma oggi c’è una altra domanda. Chi chiederà scusa ad Andrea Carletti e alle persone messe alla gogna ingiustamente? La Giustizia sta facendo chiarezza e ha tutto il nostro sostegno. A chi ha utilizzato una storia di cronaca giudiziaria per organizzarci una campagna politica dico nuovamente: vergognatevi!».

Giustissimo. Resta però una domanda: chi è esattamente che dovrebbe vergognarsi? Perché, messa così, l’indignazione di Zingaretti ricorda vagamente lo sketch di Massimo Troisi sul discorso in cui il presidente Pertini chiedeva: «Chi ha preso i soldi del Belice?». Se Zingaretti vuole dire a qualcuno di vergognarsi – proprio come il Pertini di Troisi – non lo deve fare puntando il dito e guardando dinanzi a sé, ma guardandosi intorno, rivolto ai suoi colleghi della maggioranza e ai ministri del suo governo. A cominciare da Luigi Di Maio, che al caso Bibbiano dedicò un video indimenticabile, in cui poco più di quattro mesi fa – il 18 luglio, per la precisione – scandiva testualmente: «Col partito che in Emilia-Romagna toglieva alle famiglie i bambini con l’elettroshock per venderseli io non voglio avere nulla a che fare».

E non si trattava di una battuta rubata, o di una sparata sfuggita di bocca nella concitazione di un faccia a faccia. Si trattava di un monologo, un video preparato e diffuso su tutti i canali social del Movimento 5 stelle, a freddo. Ragion per cui sarebbe persino ingeneroso, adesso, prendersela con il solo Di Maio, che non fece altro che replicare, per l’ennesima volta, il copione di una campagna alimentata per mesi dal suo partito.

Questa è la ragione per cui l’indignazione di Zingaretti appare al tempo stesso sacrosanta e fuori bersaglio, o perlomeno fuori tempo. In ogni caso, delle due l’una: o il Pd decide di denunciare questo modo indegno di fare politica, sulla scia di quanto già vanno facendo in piazza le sardine, e prova a contrapporsi davvero a tutti i populisti; oppure fa finta di niente, insiste sulla linea secondo cui i cinquestelle sarebbero alleati ideali, praticamente una costola della sinistra, e quindi ingoia senza fiatare – oltre a tutti i provvedimenti del governo gialloverde già confermati – pure gli insulti e le insinuazioni su Bibbiano. Ma bisogna decidersi. O si fa il partito guida del fronte antipopulista, o si fa l’ala sinistra di un bipolarismo fondato sullo scontro tra due populismi, che sul piano propagandistico sarà anzitutto uno scontro tra la Bestia leghista e la Casaleggio Associati, combattuto con i metodi che conosciamo.

L’unica cosa che non si può fare è immaginare di costruire una gioiosa macchina da guerra con i grillini, per di più capitanata dallo stesso Giuseppe Conte, e al tempo stesso ingiungere a qualcun altro di vergognarsi per quello che hanno fatto loro, fino a l’altro ieri, più e peggio di tutti. E che continueranno a fare domani, senz’ombra di dubbio, nel silenzio complice degli indignati di oggi.

 

 

 

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