Maurizio Primanni
Pubblicato il: 13/03/2019 14:03
“L’Italia è il paese economicamente meno in salute in Europa e soffrirà di riflesso di qualsiasi decisione politica scomposta che potrebbe emergere con riferimento alla Brexit. Ma, al di là di impatti di breve termine, non prevedo conseguenze significative per noi. Certo, per quelle imprese italiane, ad esempio banche, che hanno aperto attività a Londra vedendo il mercato inglese come un’opportunità, probabilmente diventerà più difficile mettere a frutto gli investimenti realizzati”. Lo dice, in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia, Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting, società di consulenza del settore bancario nonché osservatore della finanza internazionale.
“In realtà, come succede spesso nei momenti di discontinuità, potrebbero aprirsi anche – ammette – delle finestre di opportunità, ma sarà necessario capire bene come il mercato evolverà e adottare le più efficaci strategie per acquisire le quote di mercato che saranno lasciate non presidiate da altri operatori”.
“I dati di crescita del pil -spiega – del quarto trimestre 2018 in Uk sono stati poco incoraggianti, complice il rallentamento dell’economia a livello globale e l’incertezza dovuta alla Brexit. Il pil si è contratto durante il mese di dicembre, con il risultato che il tasso di crescita trimestrale è decelerato allo 0,2% nel quarto trimestre del 2018, dallo 0,6% nel terzo. In particolare, gli investimenti delle imprese sono diminuiti per il quarto trimestre consecutivo nel mese di ottobre-dicembre e sono stati inferiori di quasi il 4% rispetto a un anno prima, il calo annuo più marcato dal 2010“.
“Il 7 febbraio – ricorda Primanni – Bank of England ha risposto ai dati segnalando una perdita di slancio economico, tagliando le sue previsioni per una crescita del pil reale nel 2019. L’incertezza sulla Brexit rischia di ritardare i piani della banca centrale per un graduale irrigidimento della politica monetaria fino almeno alla fine del 2019 e forse al 2020. L’incertezza della Brexit indebolirà l’attività industriale negli anni a venire. Nissan ha annunciato a febbraio che non avrebbe costruito il veicolo X-Trail nel Regno Unito, Honda che avrebbe chiuso il suo impianto con sede nel Regno Unito nel 2022″.
“Le relazioni con il Giappone – osserva – si sono inasprite a febbraio, a causa di un approccio altalenante da parte del governo britannico nel tentativo di persuadere il Giappone ad accettare un accordo commerciale bilaterale per ridurre i rischi al ribasso associati a una possibile Brexit senza accordo. Nel frattempo, l’Australia ha segnalato la volontà di negoziare un accordo commerciale accelerato, attenuando le speranze del Regno Unito di aderire all’accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico. Le conseguenze per l’Inghilterra saranno, quindi, sicuramente non positive, mentre per l’Europa il discorso potrebbe essere diverso”.
Il no deal, avverte, “se fosse drammatico, avrà conseguenze sull’economia inglese, ma non una riconfigurazione radicale delle filiere finanziarie”. “Nel breve periodo, molti dei player che hanno quartier generali a Londra potrebbero decentrare le loro attività su Parigi, una piazza comunque internazionale e che ha il vantaggio di essere ben collegata con Londra, dove gli uomini di finanza potrebbero conservare famiglia e domicilio. Tuttavia, la City è talmente centrale nella gestione dei flussi finanziari europei che credo continuerà a conservare almeno nel breve termine la sua funzione“, conclude.
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