Pubblicato il: 30/07/2019 13:26
L’Associazione italiana chiropratici ha avviato una serie di colloqui con i vertici sanitari delle Regioni italiane, per sensibilizzare assessorati e presidenti di Regione sulla necessità di formare i dottori chiropratici italiani nel solco di quanto avviene a livello internazionale.
Gli incontri con le Regioni fanno parte della road map decisa dall’Associazione (l’unica accreditata presso gli Enti rappresentativi internazionali della professione), in quanto “momento fondamentale e di un contributo importante per illustrare ai decisori politici le numerose analisi costi-benefici redatte e pubblicate a livello mondiale in ambito sanitario”, spiega ad Adnkronos/Labitalia John Williams, presidente dell’Aic, sottolineando che le “ricerche sono concordi sul fatto che la chiropratica riveste un ruolo fondamentale nella lotta alle patologie dell’apparato muscolo-scheletrico con benefici in termini di risparmio di ore lavorate, costi farmaceutici evitati e benefici a livello amministrativo”.
Il presidente dell’Aic ha già incontrato i vertici della sanità regionale di Sicilia, Toscana e Lombardia, e ora si appresta a relazionare in Piemonte, rispetto alla necessità di un’adeguata formazione dei dottori chiropratici. “Un percorso formativo che sia in linea con l’esperienza dei principali Paesi europei ed extra-europei, dove l’unica formazione prevista è la laurea magistrale della durata di cinque anni”, aggiunge Williams.
“Questa serie di incontri si è resa necessaria perché le Regioni, insieme al Consiglio superiore di sanità, rivestono un ruolo chiave nella predisposizione del parere tecnico che verrà inoltrato al Miur – spiega Williams – e che dovrà dirimere la questione del sostanziale declassamento tecnico del chiropratico in Italia, unico caso al mondo, così come paventato dalle recenti proposte di riforma delle professioni sanitarie“.
Relativamente alla proposta del ministero della Salute sul profilo professionale del chiropratico, l’Aic ha riscontrato alcune criticità che “in Italia porrebbero la professione chiropratica e la relativa formazione, al di fuori dei livelli richiesti nel resto dei paesi europei dove è già disciplinata da molti anni”, dice Williams che sottolinea: “La conseguenza principale di questa scelta metterebbe in serio rischio la salute di coloro che si rivolgessero a un chiropratico in Italia, oltre che a creare un’enorme mole di contenzioso giudiziario”.
Secondo l’Associazione, un’adeguata formazione per un chiropratico richiede minimo una laurea magistrale, mentre una laurea triennale sarebbe del tutto inadeguata all’esercizio sicuro della professione, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica. Del tutto “superflua e priva di reale efficacia”, poi, la frase ‘in riferimento alla diagnosi di competenza medica’ contenuta all’art. 2), comma 1, della proposta del Ministero della salute. Nella formulazione del profilo professionale, dice l’Aic, “è chiaro che il chiropratico dovrà occuparsi solo della valutazione dei problemi neuromuscoloscheletrici e della relativa cura secondo i principi propri della professione chiropratica, non dovrà prescrivere farmaci né effettuare interventi chirurgici”.
“La diagnosi medica, del tutto diversa in base ai principi della professione, è di competenza di coloro che hanno conseguito una laurea in medicina e chirurgia e che sono iscritti al relativo albo, non vi è alcun dubbio. E’ evidente la differenza tra le due attività segnata anche dal divieto posto dall’art. 5 della legge 43/06, come riformulato dalla legge 3/18, che impedisce la sovrapposizione di competenze con quelle di professioni già riconosciute”, spiega l’Associazione dei chiropratici.
“L’introduzione della frase ‘in riferimento alla diagnosi medica’ nella sua ambiguità comporterebbe, di fatto, un’impossibilità per i professionisti chiropratici di svolgere serenamente il proprio lavoro poiché in tutti i casi in cui il paziente si rivolge legittimamente loro in via diretta senza prima rivolgersi ad un medico, sarebbero esposti alla possibilità di una denuncia penale per abuso di professione”, aggiungono i chiropratici.
“Pertanto, soltanto il profilo professionale basato sulla laurea quinquennale garantirebbe la possibilità di individuare compiutamente le competenze del chiropratico senza ambiguità e la definizione di un ordinamento didattico proprio di una laurea magistrale da parte del Miur di concerto con il Ministero della salute”, conclude il presidente Williams.
Adnkronos.