Sergio Borra, ceo di Dale Carnegie Italia (Foto Festival del lavoro 2019)
Pubblicato il: 21/06/2019 14:08
“Alimentare fiducia e trasparenza, formare i dipendenti sulle competenze trasversali, abbracciare l’agility e quindi il cambiamento: questi i doveri di un’azienda in un mondo del lavoro che sempre più integra l’intelligenza artificiale. Perché, ancorché superate nei compiti di routine, le persone continuano a distinguersi nelle attività che richiedono comunicazione, abilità sociali e senso critico”. Così Sergio Borra, ceo di Dale Carnegie Italia, raccoglie le indicazioni della recente ricerca sull’Ia di Dale Carnegie Training, presentata oggi al Festival del Lavoro di Milano. Uno studio che ha coinvolto direttamente anche l’Italia e i cui risultati sono stati talmente significativi da essere raccolti in due testi: uno sulle soft skill e uno sull’agility delle organizzazioni.
L’impatto dell’intelligenza artificiale è significativo e in crescita in molte aziende. Macchine e persone devono collaborare per realizzare appieno il proprio potenziale, preparando il terreno al lavoro di un futuro che è già presente. I progressi nell’intelligenza artificiale e nel machine learning hanno valicato i confini del settore It, intervenendo nella produzione, nel marketing, nella finanza, nelle risorse umane, persino nel management. Per restare competitivi attraverso la rivoluzione, i leader e le aziende hanno come compito primario quello di pianificare l’innovazione e influenzare positivamente la cultura aziendale, per mantenere i propri collaboratori motivati e coinvolti durante il processo di cambiamento.
Alla paura di perdere il lavoro e alla resistenza a cambiare processi e abitudini le aziende devono rispondere lavorando sulla fiducia interna e sulla consapevolezza delle nuove prospettive che l’intelligenza artificiale crea, ad esempio la possibilità di dedicarsi ad aspetti sempre più mirati e interessanti delle singole attività professionali, escludendo quelle routinarie.
Allo stesso tempo, le aziende devono essere agili, cioè dotarsi di processi che consentano governance dinamiche; sfruttare i vantaggi della tecnologia e l’apporto di dati accurati; porsi le domande giuste e analizzare le informazioni; prendere decisioni e agire. Tutto ciò si ottiene grazie a un mix di resilienza, intelligenza sociale e capacità di azione che supportino un chiaro scopo organizzativo. In questo il welfare gioca un ruolo chiave attraverso la formazione, che prepara tutti i livelli aziendali a collaborare e a gestire i cambiamenti. “In un mondo interamente connesso la connessione più importante rimane quella umana”, ha detto Sergio Borra alla chiusura del suo intervento.
I dati presentati da Sergio Borra sono contenuti in due White paper basati su una survey online svolta nel gennaio 2019 in 11 Paesi: Italia, Germania, Gran Bretagna, Svezia, Norvegia; Usa, Canada, Brasile; India, Cina, Taiwan. Sono state intervistate 3568 persone: il 38% dei ceo e figure apicali, il 23% manager e il 39% collaboratori di aziende di diversi settori e dimensioni. Più che le mere competenze tecniche sono le soft skill a essere considerate cruciali nella fase di transizione a cui ci si prepara, in particolare comunicazione (62% a livello globale, 58% per gli intervistati italiani) e creatività (61%-58% Italia). A livello globale si punta anche su pensiero critico (56%) e leadership (45%), che piacciono un po’ meno in Italia (rispettivamente 42% e 29%). La percentuale di empatia è al 31% in entrambi i casi.
In merito ai buoni risultati che l’integrazione delll’intelligenza artificiale produrrà in termini di cultura aziendale e fiducia i ceo sembrano più ottimisti rispetto agli altri livelli aziendali. Uno dei dati più rilevanti riguarda quanto viene ritenuto probabile, il suo utilizzo da parte dei collaboratori per pianificare e preparare un percorso di carriera: ceo 76% mondo e il 73% Italia; collaboratori: 41% mondo e 44% Italia.
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