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Coronavirus: con smart-working ‘senza protezione’ a rischio proprietà intellettuale  

Coronavirus: con smart-working 'senza protezione' a rischio proprietà intellettuale

Roberto Race

“L’emergenza Coronavirus ha imposto alle aziende di ripensare i modelli organizzativi del lavoro e introdurre, in poche ore, lo smart-working. E’ uno strumento che noi di Competere promuoviamo da anni spiegandone i punti di forza e debolezza, le opportunità e le minacce. L’introduzione dello smart-working richiede tempi lunghi a causa del conservatorismo organizzativo italiano, la ritrosia ad introdurre tecnologie digitali, e il dna medio piccolo delle imprese italiane. Molte imprese sono impreparate alla trasformazione digitale”.

Inizia così la lettera inviata al presidente del consiglio, Giuseppe Conte, dal presidente e dal segretario generale di Competere, Pietro Paganini e Roberto Race. Destinatari della lettera anche i ministri dello Sviluppo Economico, del Lavoro, delle Politiche agricole, della Difesa, degli Interni, dei Trasporti, dell’Innovazione e del Turismo, e per conoscenza i presidenti delle Camere e il presidente del Copasir.

“Lo shock – scrivono – che deriverebbe dalla forzata trasformazione digitale e dalla quanto repentina introduzione dello smart-working potrebbe avere conseguenze positive per il nostro tessuto produttivo, obbligando le imprese a fare in pochissimo tempo quello che non sono riuscite a fare fino ad oggi. Ma ci sarebbero anche dei grossi rischi, le cui conseguenze potrebbero essere imprevedibile e certamente negative per un’economia già in difficoltà. Lo smart-working improvvisato rappresenta una minaccia per la privacy, la cybersecurity, i diritti di proprietà intellettuale. In altre parole, le nostre conoscenze e la nostra creatività sono in pericolo“.

“E’ fondamentale – scrivono Paganini e Race – che il governo, nelle misure a supporto dell’economia, metta a disposizione delle aziende un credito d’imposta o sgravi fiscali per chi investe nella trasformazione digitale e nella formazione dei lavoratori. Siamo arrivati tardi e siamo impreparati. E’ tuttavia inutile stare a fare la morale della cicala e della formica. E’ piuttosto necessario che ci rimbocchiamo le maniche e si intervenga”.

Dobbiamo intervenire urgentemente – avvertono – per introdurre lo smart-working nel più breve tempo possibile ma con ragione e affidandoci al metodo sperimentale. Dobbiamo, cioè, prendere in considerazione il rischio di attacchi informatici con la conseguente perdita di informazioni con alto valore economico, o la perdita involontaria di dati, il furto di dati sensibili, etc”.

“Caro presidente, parlare di smart-working è semplicistico – continua la lettera – perché per mettere un lavoratore in condizione di operare efficientemente da casa, cioè in piena sicurezza (dei dati e della proprietà intellettuale), occorre che le aziende abbiano strutturato un sistema informatico in un cloud sicuro. Oggi tutto il personale che si collega da casa, con connessioni nella maggior parte dei casi non protette, è potenzialmente oggetto di attacchi di hacker che potrebbero violare segreti aziendali ed entrare in possesso di brevetti. Ugualmente la maggior parte del personale ignora le minime procedure di protezione dei dati e delle informazioni”.

Il nostro sistema economico e produttivo – continuano – e le nostre pmi sono minacciati a favore di mercati esteri. Già oggi l’Italia si colloca dopo tutti i Paesi del G7 nell’International property rights index 2019, l’indice internazionale sulla tutela dei diritti di proprietà. Per Competere, la proprietà intellettuale include anche il patrimonio di informazione che nell’economia attuale rappresenta un vantaggio competitivo. Perderla o farsela sottrarre sarebbe un ulteriore danno per il nostro paese. Così come l’Italia è uno dei paesi con la più elevata perdita di informazioni sensibili ad alto valore economico a causa di furti premeditati, anche dall’estero, e di incompetenza da parte del personale”.

Competere.EU è il partner italiano nella realizzazione dell’Indice che misura come viene tutelata la proprietà in oltre 129 Paesi, rappresentanti il 98% del pil mondiale ed il 93% della popolazione.

“Quello che si sarebbe potuto fare in molti anni – concludono Paganini e Raceva – va incredibilmente realizzato in poche settimane sennonché giorni. Occorre perciò predisporre degli incentivi ma anche veicolare delle linee guida. La missione è difficile ma va perseguita. Non ci sono altre strade“.

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