Pubblicato il: 26/05/2020 21:17
L’emergenza Covid19 ha investito tutte le organizzazioni, cambiando le modalità di lavoro, di collaborazione e di integrazione tra fisico e digitale. Le direzioni Hr delle imprese italiane hanno risposto sviluppando nella quasi totalità piani di comunicazione sull’emergenza ai lavoratori (nel 95% dei casi) e ampliando le policy per il lavoro da remoto (93%), ma anche pianificando nuovi turni per ridurre le occasioni di contatto e venire incontro alle esigenze delle persone (55%), facendo formazione sugli strumenti digitali per lavorare da casa (48%) e sulle soft skills digitali (46%), aggiungendo servizi ai pacchetti di welfare (42%).
La pandemia globale ha anche stravolto le priorità del 2020: ai primi tre posti per le direzioni del personale ci sono l’introduzione o il potenziamento dello smart working (65%), lo sviluppo di cultura e competenze digitali (45%) e la gestione di riorganizzazioni aziendali o il dimensionamento della forza lavoro (43%).
Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Hr innovation practice della School of Management del Politecnico di Milano presentata oggi al convegno online ‘Agili e connessi: modelli organizzativi e sfide HR per una nuova normalità (www.osservatori.net)’, basata su un’analisi empirica che ha coinvolto 198 medio-grandi aziende italiane e un panel rappresentativo di lavoratori realizzato in collaborazione con Doxa. In questa situazione, le organizzazioni ‘agili’ (quelle con modelli flessibili, basati sulla comunicazione libera e non il comando e il controllo delle persone) si sono dimostrate più pronte di quelle tradizionali a rispondere ai cambiamenti dell’emergenza Covid19: su una scala da 1 a 10 il loro valore è di 7,7 rispetto alla media delle aziende di 6,8.
Risultano più preparate nella trasformazione digitale dei processi hr e sono capaci di creare ambienti di lavoro più coinvolgenti e partecipativi, valorizzando le persone e i talenti: mediamente nelle organizzazioni agili il livello di engagement dei lavoratori è superiore del 25% a quello delle aziende tradizionali, la learning agility del 24%, le performance di lavoro del 26%.
“In una situazione di cambiamento senza precedenti, come quella che ci siamo trovati a fronteggiare nell’emergenza Covid19, le organizzazioni che hanno dimostrato di essere più resilienti non sono quelle con più risorse o dotate di piani e procedure più strutturate, ma quelle capaci di adattarsi e rispondere velocemente alle discontinuità”, dice Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Hr Innovation Practice.
“Anche per questo -spiega ancora Corso- le organizzazioni devono diventare ‘agili’, organismi sociali di persone in grado di coordinarsi e adattarsi man mano che gli eventi accadono, reagendo tempestivamente e in modo adattativo alle trasformazioni dell’abbiente. Si tratta di una trasformazione profonda che investe cultura, competenze, processi, la stessa organizzativa e il modo di relazionarsi con l’ecosistema. I nuovi principi organizzativi su cui si basarsi sono quelli di una leadership non gerarchica, ma flessibile e partecipativa, capace di ingaggiare le persone in profondità ed esaltarne e orchestrarne le diversità”.
“La Direzione Hr ha un ruolo fondamentale nel guidare la transizione dalle pratiche di gestione tradizionali a quelli agili – spiega Fiorella Crespi, direttore dell’osservatorio Hr Innovation Practice- e più in generale di costruire un nuovo rapporto tra le persone e l’organizzazione basato sulla personalizzazione, facendo leva sull’utilizzo di tecnologie digitali. In Italia, però, resta complessivamente scarsa l’adozione di strumenti digitali a supporto delle pratiche Hr. L’emergenza attuale può rappresentare una spinta di innovazione, perché le aziende stanno iniziando a sviluppare consapevolezza sull’importanza di processi Hr integrati e digitalizzati.
Le organizzazioni agili hanno dimostrato un livello di prontezza nella gestione dell’emergenza Covid19 più alto di quelle tradizionali. Mediamente, a causa dell’emergenza il 95% delle aziende ha dovuto introdurre nuovi strumenti digitali a supporto di almeno un processo Hr per adeguarsi alle nuove modalità di lavoro, ma quelle agili hanno avuto meno necessità di implementare nuovi strumenti tecnologici.
L’emergenza si sta rivelando un’opportunità per rivedere alcune pratiche Hr. Il 74% delle organizzazioni agili dichiara un impatto positivo sulle attività di engagement, il 57% sulla comunicazione interna e il 51% sulle attività di formazione e sviluppo, mentre le percentuali sono in calo nelle organizzazioni non agili.
Tra le nuove iniziative per supportare i propri collaboratori durante l’emergenza, inoltre, le organizzazioni agili sono state più attente a monitorare gli aspetti psicologici delle persone, come lo stato d’animo e il benessere (il 51% rispetto al 32% delle altre), favorire la creazione di momenti di condivisione non necessariamente legati alle attività lavorative (54% rispetto al 35%) e fornire supporto psicologico (40% rispetto al 33%).
Quasi tutte le organizzazioni agili sono pronte ad affrontare le sfide legate al digitale dei prossimi due anni. In particolare, il 66% delle organizzazioni agili si dice di essersi ritrovato ‘pienamente preparato’, contro il 35% delle altre. L’emergenza sanitaria ha portato a rivedere le priorità di investimento nel digitale, con una contrazione complessiva degli investimenti, ma le organizzazioni agili sono più positive: quasi metà (48%) ha aumentato gli investimenti rispetto al 39% delle tradizionali.
Nelle organizzazioni agili sono in forte aumento rispetto allo scorso anno programmi di upskilling per arricchire le competenze digitali e di digital reskilling per formare i lavoratori alle nuove competenze digitali, diffuse nel 69% rispetto al 43% delle altre. Le organizzazioni agili, inoltre, si sono concentrate sulla progettazione di programmi di formazione specifici per sviluppare competenze digitali ‘hard’ (53%) e di iniziative per diffondere cultura e conoscenza riguardo il digitale coinvolgendo le persone in percorsi di innovazione (53%).
Mediamente il 40% dei lavoratori si dice ‘ingaggiato’ nelle attività lavorative. Nelle organizzazioni agili, il livello medio di engagement aumenta del 25% rispetto ai contesti tradizionali. E tra coloro che lavorano in organizzazioni agili quelli ‘profondamente coinvolti’ nelle attività lavorative sono il 74%, un valore molto alto rispetto al 32% dei contesti tradizionali.
Un lavoratore su quattro tra tutte le imprese dichiara che il suo lavoro sarà molto diverso nei prossimi 2 anni e dovrà aggiornare il proprio profilo di competenze attuali. Nelle organizzazioni agili la learning agility delle persone (la propensione e capacità di ampliare il bacino di conoscenze per adattarsi ai cambiamenti) aumenta del 24% rispetto ai contesti tradizionali.
Infine, i modelli agili riescono a incrementare mediamente del 26% le performance dei lavoratori su tutte le dimensioni del work performance, ma soprattutto nella capacità di introdurre miglioramenti in maniera proattiva a vantaggio dell’organizzazione.
L’osservazione del comportamento delle organizzazioni più resilienti prefigura un nuovo ruolo per la direzione Hr di Connected People Care, ovvero un utilizzo delle pratiche Hr calate sulle esigenze specifiche di ogni persona, facendo leva sull’utilizzo di tecnologie digitali che raccolgono ed elaborano dati provenienti da diverse fonti. Analizzando lo stato dell’arte dei principali macro-processi di gestione delle risorse umane, in termini di investimenti, iniziative innovative e strumenti implementati, emerge però come la gran parte delle realtà del nostro Paese si trovi ancora indietro in questo trend evolutivo.
Il processo di Talent Attraction è il più maturo dal punto di vista tecnologico: molte organizzazioni stanno sperimentando l’utilizzo dei social anche non professionali per l’employer branding, analytics e algoritmi di intelligenza artificiale per la ricerca dei candidati, algoritmi di elaborazione del linguaggio naturale dei candidati, chat bot a supporto del processo di selezione e onboarding. Nella formazione, gli esempi di pratiche innovative non mancano, ma gli investimenti concreti in Italia sono molto limitati. I sistemi di recommendation in grado di suggerire le attività formative più adatte sono ancora pochissimi e solo il 12% delle organizzazioni ha piattaforme di adaptive learning in grado di personalizzare l’esperienza formativa. Poco più di 1 azienda su 2 ha a disposizione sistemi/app per il micro-learning.
Nella gestione individuale del percorso di carriera, il 37% delle realtà ha introdotto iniziative per diffondere la cultura del feedback continuo, ma solo il 25% di queste nuove modalità è supportato da sistemi/ app, mentre sono più diffusi sistemi di monitoraggio per il controllo delle performance (45%). Iniziano infine a diffondersi percorsi di carriera che non seguono la struttura gerarchica (16%). Il 36% delle organizzazioni ha implementato iniziative per il wellbeing, e il benessere fisico e mentale delle persone; il 29% per valorizzare la diversità in azienda. Il 42% monitora l’engagement, arrivando in alcuni casi anche a progettare analisi predittive per il futuro.
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