Pubblicato il: 26/05/2020 17:59
L’idea del ministro agli Affari regionali Francesco Boccia di reclutare 60.000 guardie civiche su base volontaria per vigilare su spiagge e movida nel corso dei mesi estivi suscita le critiche di Federpol, l’associazione delle imprese che operano nel campo delle investigazioni e della sicurezza privata. “Si tratta certamente di una iniziativa che parte con il piede sbagliato e che sembra dettata dall’improvvisazione e dall’emotività -dichiara Luciano Tommaso Ponzi, presidente di Federpol- quando invece, davanti all’incapacità di rispettare le regole del distanziamento sociale, chi governa il Paese dovrebbe muoversi con calcolo e misura nella consapevolezza che ogni azione di contenimento della privacy e della libertà personale richiede figure che operano in un contesto di chiara regolamentazione, una investitura altrettanto puntuale in merito alle mansioni e ai poteri di intervento oltre ad una specifica professionalizzazione”.
“Tutti elementi -continua ancora Ponzi- che non sono stati minimamente presi in considerazione dal ministro Boccia nel momento in cui ha lanciato l’idea ai media generando grande imbarazzo all’interno del governo dove la collega Luciana Lamorgese ha prontamente colto alcuni dei principali punti deboli. Una reazione, quella del Ministro dell’Interno, del tutto legittima e condivisibile”. Ed è proprio dalle problematiche individuate dal Ministro dell’Interno che prende spunto Ponzi per giudicare negativamente l’iniziativa: “È inevitabile -secondo il presidente di Federpol- che si crei una sovrapposizione, in merito ai controlli finalizzati a garantire il distanziamento sociale, con le azioni delle normali Forze di Polizia. Una situazione che rischia di creare molta confusione e pericoli inediti. Chi conosce il funzionamento della filiera della sicurezza sa che è indispensabile stabilire, ai fini di una vera tutela dei diritti dei cittadini, una sequenza di controlli incrociati sugli operatori che agiscono sul campo e che non possono illudersi neanche per un istante di poter esercitare un potere in modo arbitrario”, prosegue ancora.
“Ma se così stanno le cose è del tutto evidente che alla fine saranno le normali Forze di Polizia ad essere distratte dalle mansioni ordinarie per vigilare sul comportamento dei volontari. Una soluzione di questo tipo allenta e indebolisce la capacità di costruire le condizioni della sicurezza pubblica”, continua ancora Ponzi.
“Inoltre -si domanda Ponzi- da chi sarebbero formate le squadre dei volontari? È assolutamente indispensabile che una figura investita dall’autorità pubblica del potere di ordinare ad un comune cittadino di fare o non fare qualcosa abbia una competenza mirata oltre che un percorso di vita specchiato. Qui, invece, si stanno mandando in strada dei veri dilettanti esponendoli a dei rischi facilmente prevedibili. Inoltre il bando istituito per tramite della Protezione Civile non offre garanzie in merito alle biografie e ai comportamenti pregressi delle guardie civiche. Non dimentichiamo che il controllo dei luoghi che ospitano locali pubblici può incidere direttamente sull’attività delle imprese che possono essere, quindi, agevolate o danneggiate dalla modalità con la quale si interpreta la funzione di sorveglianza. Non è del tutto fuori luogo immaginare che la criminalità organizzata possa cogliere una inedita possibilità per estendere la propria influenza ai danni delle economie locali”, sottolinea ancora Ponzi.
“Siamo quindi in un campo completamente diverso -conclude Ponzi- rispetto al piano promosso dalla Protezione Civile nella fase apicale dell’emergenza che ha portato all’impiego di oltre 2mila volontari nelle Rsa, negli ospedali e nelle carceri. In questo caso il mandato era ben definito e attinente in modo esclusivo alla sfera sanitaria. Pensare di poter gestire l’attività di controllo in riferimento ai pubblici esercizi senza competenze, in un regime di totale ambiguità legislativa e aggravando per di più l’operato delle forze dell’ordine già sottodimensionate, è un errore che il governo non può commettere”.
“Per di più non si è nemmeno lontanamente considerata la figura dell’addetto ai servizi di controllo, profilo professionale istituito nel 2009 con specifiche competenze, riguardo la sicurezza, il flusso e deflusso delle persone nei locali pubblici di intrattenimento quali quelli della movida, obbligati a frequentare un corso di 90 ore presso la Regione con esame finale, con requisiti stringenti e quindi esenti da pregiudizievoli penali, carichi pendenti e problemi psico fisici, che frequentano ulteriori corsi di Primo Soccorso, Antincendio rischio medio e sulla sicurezza sul lavoro (Legge 81/08)”, aggiunge ancora Ponzi.
Per il presidente di Federpol “quando questi lavoratori ‘invisibili’ hanno la fortuna di trovare un posto di lavoro presso una agenzia investigativa che si occupa anche di sicurezza (ambito VI di indagine ai sensi del D.m 269 del 2010) ebbene devono essere iscritti in un apposito registro detenuto in Prefettura o meglio ufficio territoriale del governo, qui vengono controllati i requisiti e se tutto va bene l’operatore inizia il proprio lavoro”, aggiunge ancora Ponzi.
“Peccato che dall’inizio della pandemia questi lavoratori non abbiano più lavorato a causa del lockdown e della chiusura dei principali pubblici esercizi deputati all’intrattenimento, le discoteche, le stesse che negli ultimi giorni si stanno convertendo a budda bar con musica di sottofondo e che stentano a richiedere i servizi di controllo per ovvie ragioni economiche. Da diversi anni il legislatore ha inteso professionalizzare la sicurezza prima, nel biennio 2008/2009 e l’investigazione poi, nel 2010, vincolando i titolari di licenza e gli operatori ad una estenuante maratona di requisiti, limiti, oneri, burocratici, normativi ed economici. Dalla nostra c’è stata piena collaborazione, se i requisiti innescano un percorso virtuoso e prodromico al riconoscimento istituzionale e pubblico oltre che economico, allora tutto ha un senso”, sottolinea ancora Ponzi.
“Ma se ogni volta che si parla di sicurezza dobbiamo scontrarci con ogni genere di abusivo, quali ad esempio, associazioni volontaristiche che si spingono ben oltre i loro compiti assistenziali, che invadono a tutto campo il comparto lavorativo specifico e di competenza di altri, per di più, ora avallato da decreti e dal governo, allora diventa una missione impossibile. Invitiamo quindi l’esecutivo e le forze di maggioranza, che risultano peraltro divise su un tema delicato che è stato affrontato con un eccesso di frettolosità, a fare un passo indietro e ad avviare un dialogo costruttivo con i professionisti della sicurezza per individuare la soluzione che sappia tutelare al meglio i cittadini e le imprese”, conclude Ponzi.
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