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Fase 2: Intoo (Gi Group), come prepararsi al mercato del lavoro che verrà 

Intoo (Gi Group), come prepararsi al mercato del lavoro che verrà

“Il Covid-19 sta cambiando la vita di tutti e gli scenari economici, compreso quello del mondo del lavoro. In questa situazione complessa, sulla base dell’esperienza di Intoo (Gi Group), credo sia importante condividere che questa che abbiamo vissuto non è una situazione temporanea, con un ritorno alla situazione precedente, ma uno spartiacque che segnerà dei cambiamenti permanenti. Primo fra tutti quello della digitalizzazione”. A dirlo Cetti Galante, amministratore delegato di Intoo (Gi Group). “Questo periodo per molti – sottolinea – ha significato lavorare sempre da remoto, spesso con tecnologie o strumentazioni non adatte. E la situazione potrebbe prolungarsi ancora per le società di servizi o per i ruoli di servizio, nonché ripresentarsi se si verificasse un ritorno del virus in autunno ed eventuali nuove situazioni di lockdown”.

“Implementare nuove tecnologie – spiega – accompagnare le persone ad acquisire un mindset e poi strumenti digitali diventa, pertanto, un must. Occorre dunque prepararsi, sia nello svolgimento e nell’organizzazione generale del lavoro, sia nella ricerca o nel ritrovamento del medesimo e 3 fattori sono fondamentali: formazione, networking e personal branding, focus sui risultati/performance”. – Formazione: la cura e l’aggiornamento costante delle competenze per la propria employability è e sarà sempre più un dovere individuale della persona. Se grazie a un supporto professionale di consulenza di carriera fino al 2019 si riusciva in 6 mesi in media a rientrare nel mercato del lavoro intervenendo a colmare un eventuale skill gap, oggi le aziende ponderano molto di più gli inserimenti ed è fondamentale rafforzarsi.

“Ognuno di noi – sottolinea Cetti Galante – deve capire e riflettere bene su cosa aggiornarsi, partendo da un’accurata analisi delle proprie skill in relazione all’evoluzione che il nostro ruolo o mestiere avrà nel mercato e acquisire autoconsapevolezza dei propri punti di forza. Ci serve potenziare l’inglese o è prioritario acquisire competenze digitali? Oppure siamo liberi professionisti e allora ci serve prima di tutto un corso per rendere efficace la comunicazione via web?”. Non esiste – avverte – un percorso di formazione standard valido per tutti, né è efficace farsi guidare dal web, che spesso propone concatenazioni automatiche in base alla prima ricerca. Dobbiamo essere consapevoli di cosa scegliamo e concentrare le energie dove vale la pena. Tenendo presente che la proattività personale è, ormai, un dovere a qualunque età e in tempi dove tutto è disponibile on line non ci sono più scuse”.

– Networking e personal branding: in un Paese in cui si stima che la maggior parte di posizioni aperte non compaia in inserzioni, il canale di ricollocazione più efficace è la propria rete di contatti opportunamente coltivata o riattivata (nel 2019 si conferma nel 70% dei casi in media secondo i dati Intoo, con punte del 90% per i top manager). Per questo, oggi, “in un ecosistema di relazioni professionali ampiamente digitale, sono fondamentali attività di networking e personal branding per farsi conoscere, essere trovati da chi cerca figure professionali ed essere più visibili online. Con networking si intende, appunto, la capacità di attivare, gestire, ampliare la propria rete di conoscenze al fine di acquisire informazioni e suggerimenti, anche in modo informale, sulle ricerche di personale che non vengono promosse tramite canali tradizionali. Al fine di intercettarle è, altrettanto, fondamentale la propria visibilità professionale attraverso la cura del proprio personal branding online con attività e interventi mirati sui propri ambiti di specializzazione, soprattutto su LinkedIn. Riuscire a essere costanti in questa attività consente anche di dare molti elementi aggiuntivi sul nostro profilo a chi effettua ricerche di personale nel web”.

– Focus sui risultati/performance: in questa situazione straordinaria il lavoro da remoto è stato un’ancora di business continuity per molte realtà che non avevano ancora introdotto lo smart working e questa sperimentazione si tradurrà in una modalità stabile e più diffusa. Pertanto, in primo luogo occorre allenarsi a una vera flessibilità intesa come capacità di modificare i propri schemi comportamentali e cognitivi necessari ad affrontare una situazione nuova, adattandosi in modo positivo e costruttivo alla circostanza. “In una condizione più consolidata di smart working – osserva Cetti Galante – sarà sempre più evidente quanto contino i risultati che si è in grado di raggiungere in una dimensione tempo/spazio variabili. La focalizzazione sulle performance, proprie e del team di cui si è responsabili e la loro valorizzazione è uno degli aspetti principali di un nuovo approccio al lavoro e del giusto mindset da adottare anche nella ricerca di una nuova opportunità. I risultati concreti e quantificati vanno, quindi, enfatizzati in tutti gli strumenti di presentazione al mercato, dal cv al videocolloquio, al profilo social, al racconto di sè”.

Queste 3 condizioni “permettono di ipotizzare anche forme di autoimprenditorialità. Un dirigente su 4 e 1 quadro su 5 riesce di solito ad avviare attività microimprenditoriali e come società consortili è possibile, pur in misura più contenuta, anche tra impiegati/operai. Ipotizzare una nuova fase professionale da autonomo è una condizione da tenere presente, a fronte di importanti competenze maturate o sviluppate anche per un possibile piano B, specie se si riesce a individuare una nicchia di mercato e a specializzarsi individuando gli elementi distintivi per una proposizione al mercato”. “Questa situazione straordinaria – commenta – ci ha confermato che l’esperienza conta, specie per posizioni tecniche o ruoli difficili da reperire. Semmai occorre adottare un differente mindset per accogliere un diverso equilibro di vita e forme contrattuali alternative per riuscire ad affrontare un passaggio di questo tipo, approccio che è essenziale oggi per valutare opportunamente forme di collaborazione, anche temporary, che permettano di stare dentro il mercato e limitare al minimo un eventuale tempo di inattività. Le parole d’ordine sono, dunque, flessibilità e proattività”.

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