Pubblicato il: 04/10/2019 12:50
“Dieci anni fa moriva Gino Giugni: da grande giurista quale fu, diede dignità scientifica al diritto del lavoro e, da collaboratore dei ministri Brodolini e Donat Cattin, legò indissolubilmente il suo nome allo Statuto dei lavoratori del 1970“. Lo ricorda il giuslavorista Giuliano Cazzola che con Giugni lavorò e di cui fu amico.
“Giugni -scrive Cazzola su firstonline- seppe imprimere una svolta al diritto del lavoro, conferendo dignità scientifica al diritto sindacale, prima di allora confinato nella terra di nessuno del de jure condendo. La Costituzione repubblicana, all’articolo 39, aveva ripristinato la libertà sindacale, definendo i criteri della rappresentanza e della rappresentatività dei sindacati e stabilendo le modalità con cui essi, soggetti di diritto privato, fossero in grado di negoziare contratti, anch’essi di diritto comune, applicabili erga omnes. Sull’impianto complessivo dell’articolo 39 è rimasta, così, molta polvere del regime fascista”.
E nell’Italia democratica, pur permanendo la libertà dei sindacati, “continuava a sussistere il problema di conferire loro una personalità giuridica (ancorché) di diritto privato, sottoposta al solo requisito di uno statuto interno a base democratica, al fine di definirne una precisa identità, secondo quanto dettato dalla legge ordinaria che avrebbe dovuto applicare la norma costituzionale”, ricorda Cazzola.
“Così il diritto sindacale era confinato in qualche dispensa che spiegava il disegno di legge del ministro di turno, mentre nel frattempo i contratti collettivi restavano confinati nell’ambito del diritto comune, come considerati tali validi solo per i datori e i lavoratori iscritti alle organizzazioni stipulanti. Fu Gino Giugni nel suo fondamentale saggio del 1960 ‘Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva’ ad accorgersi che un ordinamento sindacale esisteva nella realtà e ad individuarne i capisaldi, spezzando l’immobilismo delle ‘speranze deluse’ nell’attesa messianica dell’attuazione della norma costituzionale e aprendo così una nuova prospettiva per il diritto del lavoro“, sottolinea Cazzola.
Cazzola cita le parole di Giugni a proposito dell’attività contrattuale, “parole destinate a cambiare la storia”, dice l’esperto. “Un’attività che si è svolta nel precario contesto della legge comune dei contratti -scriveva Giugni- è risultata viziata da mille insufficienze, ma è nondimeno costitutiva di un valido patrimonio di esperienze di ‘diritto vivente’”.
Giugni non fu soltanto un giurista di vaglia, fu anche il fondatore della scuola di Bari, in collaborazione stretta con l’amico Federico Mancini e la sua scuola bolognese. “Ma il merito principale del Maestro rimane quello di aver fondato il moderno diritto sindacale, mediante un’operazione di carattere culturale che ebbe il senso di una vera e propria rivoluzione copernicana”, conclude Cazzola.
Adnkronos.