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In Europa non è solo Great Resignation, in controtendenza i “Dedicated Performer” che scelgono di restare

Emerge un “nuovo” gruppo di lavoratori ad alto valore aggiunto che non ha intenzione di lasciare il proprio posto

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Great resignation, Big Quit, Quiet quitting? C’è chi dice no. E’ quanto emerge dal Global Re:work Report 2023 di Kelly, l’indagine promossa dalla società internazionale di head hunting per analizzare le esigenze e bisogni dei lavoratori tramite un’indagine a livello internazionale (Italia compresa) su un campione di 4.200 lavoratori e 1.500 dirigenti (manager e datori di lavoro).

Lo studio ha rivelato come la maggior parte delle organizzazioni non riesca a soddisfare le esigenze dei dipendenti e faccia fatica ad affrontare le sfide di un panorama lavorativo ed economico complesso e in evoluzione. Il nuovo report di Kelly, infatti, traccia il quadro di una comunità di talenti “instabile”, con una media del 33% dei lavoratori europei che potrebbero lasciare la propria azienda nei prossimi 12 mesi, rispetto al 28% a livello globale. E gli italiani? L’Italia conferma la media europea con il 33% dei lavoratori propenso a lasciare il proprio posto di lavoro entro un anno. Ma da questo punto di vista lo sono ancora di più tedeschi (44%), francesi (36%) e portoghesi (34%).

Tuttavia, in un quadro che vede da un lato molte aziende affrontare una crisi di talenti, poiché le competenze richieste sono sempre più difficili da trovare, e dall’altro i lavoratori che si sentono spesso sovraccaricati e trascurati, c’è un “nuovo” gruppo di talenti definiti “Dedicated Performer”, ovvero lavoratori ad alto valore che rimanendo più a lungo nelle aziende riescono ad avere un impatto positivo sull’efficienza e produttività, che vanno in controtendenza.

“Questo gruppo di lavoratori ha evidenziato livelli più elevati di soddisfazione riguardo a flessibilità da parte dei loro datori di lavoro, carichi di lavoro più gestibili e una maggiore attenzione alla salute mentale – spiega Dinette Koolhaas, Presidente di Kelly International – Esaminando, poi, da vicino i fattori che spingono questi lavoratori a rimanere in azienda, è possibile comprendere le azioni più efficaci che le organizzazioni devono intraprendere oggi per tenersi stretti, e più a lungo, i migliori talenti”.

Dall’indagine di Kelly emergono così alcuni dei principali fattori che per i “Dedicated Performer” influiscono maggiormente sulla scelta di rimanere in azienda:

Dall’indagine emerge anche un altro fatto significativo che riguarda l’incapacità di alcune organizzazioni di ispirare e coinvolgere i propri lavoratori. I livelli di disinteresse nel lavoro, infatti, sono già significativi: il 45% dei talenti nell’area europea (45% nello specifico anche per gli italiani) hanno dichiarato che stanno fornendo solo il minimo indispensabile di ciò che il loro ruolo richiede contrattualmente, ovvero il cosiddetto Quiet quitting. E se non bastasse dallo studio si può evincere come il 42% dei dirigenti intervistati afferma di non riuscire a sfruttare appieno il potenziale della propria forza lavoro e il 46% sostiene che le difficoltà di reperimento dei talenti fanno perdere opportunità di business. D’altro canto solo il 35% dei talenti europei intervistati dichiara di apprezzare le mansioni che svolge quotidianamente, con i lavoratori d’Italia e Francia (29%) che provano meno piacere, seguiti da Germania (31%) e Portogallo (32%)

Il report, poi, esamina le tendenze chiave di tutto il continente europeo per aiutare i leader a orientarsi meglio nel panorama lavorativo, tra cui la carenza di personale, la fidelizzazione e l’automazione:

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