Pubblicato il: 25/01/2019 17:44
L’utilizzo ‘smart’, intelligente, profondo e diffuso, dei dati è oggi dirompente: diventa un fattore di cambiamento e vincente anche per le aziende tradizionali e non legate al digitale o all’e-commerce (74,9%) e può avvantaggiare le medie imprese sulle grandi (62,4%). Lo evidenzia una ricerca condotta su 1.266 dirigenti, intervistati da AstraRicerche per Manageritalia. Si tratta di un campione rappresentativo anche dell’universo delle imprese italiane con struttura manageriale. L’indagine è stata presentata oggi all’Unimarconi (Università degli studi Guglielmo Marconi) di Roma nel corso dell’incontro finale del percorso di formazione Data driven innovation impresa 4.0. A parlarne, oltre ai docenti dell’ateneo che hanno curato i vari ambiti nel percorso formativo, manager e esperti.
“); } else { document.write(“”); }
Più della metà delle aziende intervistate utilizza i dati per gestire le relazioni con i clienti (il 69,5% ha un Crm) e per dialogare con fornitori e clienti (55,5%). Poco più di un terzo (37,2%) ha un sistema di Big Data Analisys, mentre il 44,8% ha un sistema di e-commerce (completo 19,4% o parziale 25,4%). I manager dicono che le aziende data driven saranno molto più numerose nei prossimi tre anni (84,7%) e avranno importanti vantaggi competitivi, più quelle del terziario (90,8%) che quelle dell’industria (82,3%).
Un uso smart dei big data è ‘dirompente’ perché può ribaltare i rapporti di forza sul mercato (77,7%) e consentire ad alcune piccole imprese di compiere una rapida e solida espansione (76,1%). E’ quello che pensa la maggioranza dei manager intervistati da AstraRicerche per Manageritalia. La quasi totalità (89%) pensa anche che per valorizzare e utilizzare davvero i dati in modo ‘smart’, intelligente, profondo e diffuso, e vincente in azienda bisogna riuscire a far lavorare in quest’ottica anche in non specialisti. Quindi, serve una cultura diffusa di gestione e utilizzo dei dati (93,8%) determinata soprattutto da un cambiamento favorito e spinto dall’alto (87,9%).
Se tutti devono lavorare ‘intelligentemente’ con i dati tra le aree funzionali che lo devono fare di più troviamo: vendite e commerciale (98,3% molto più abbastanza, 74,2% molto), marketing e comunicazione (95,7%, 73,8%), produzione e logistica (91,9%, 52,3%), direzione generale (89,7%, 53,5%). Vengono poi acquisti (85,8%, 44,5%), finanza/amministrazione (82%, 47,2%) e Hr (73,2%, 32,9%).
Per i manager anche i semplici dati sono comunque rilevantissimi per il business (87,6%). Poi la falsa barriera dei costi: molte aziende potrebbero utilizzare dati in modo molto più efficace e investendo molto meno di quanto pensino (83%). Solo poche aziende, dicono, potrebbero cambiare business model grazie all’uso dei dati, mentre molte potrebbero comunque ottenere grandi vantaggi competitivi grazie a un uso più smart dei dati a disposizione (70,4%). Negano anche che l’utilizzo dei dati sia fondamentale solo per le aziende che hanno una componente on line molto rilevante, come l’e-commerce, un intenso rapporto con i consumatori/cittadini on line (55,1%).
“Dall’indagine escono risultati che testimoniano la consapevolezza di una grande sfida per le nostre aziende, ma anche la forte sensibilità del management allo sviluppo di processi data driven, una visione coerente delle priorità e il rigetto di alcuni luoghi comuni”. Lo dice Mario Mantovani, vicepresidente Manageritalia, che oggi ha presentato l’indagine realizzata da AstraRicerche per Manageritalia, intervistando 1.266 dirigenti d’azienda. “La domanda di competenze specialistiche è elevata, ma è ancora più importante sviluppare competenze diffuse, in ogni funzione aziendale, a ogni livello”, spiega Mantovani. “Si tratta di azioni realizzabili solo con la presenza di manager stabili, focalizzati sul futuro e sullo sviluppo, dotati di risorse adeguate agli obiettivi. Non illudiamoci di ottenere risultati con interventi veloci e limitati o con investimenti dettati solo da incentivi fiscali”, conclude.
L’indagine di Manageritalia è stata presentata, a Roma, nel corso dell’incontro finale del percorso di formazione ‘Data driven innovation nell’Impresa 4.0, dal Dato all’informazione: tecnologie abilitanti, competenze e prospettive’, realizzato dall’Università Guglielmo Marconi in chiave interdisciplinare attraverso dieci lezioni, gratuite e aperte al pubblico, in collaborazione con aziende, enti, istituti di Ricerca e patrocinato da Biblioteche di Roma.
“Il corso – ha detto Tommaso Saso, direttore Marketing Unimarconi – aperto agli studenti, ai neo laureati, ai manager e professionisti, ha analizzato i principali driver del cambiamento, affrontando a 360° tutte le tematiche, anche quelle etiche, coinvolte. Coinvolte tutte le aree scientifiche del nostro ateneo, da quella ingegneristica a quella giuridica, da quella economica a quella umanistica, costruendo così un dialogo unico tra i nostri docenti e più di 50 relatori di grandi aziende, nel tentativo di creare una visione olistica di questa nuovo e dirompente fenomeno globale. I partecipanti hanno così potuto beneficiare dei risultati più avanzati della ricerca e dell’esperienza aziendale, condividendo suggestioni e strumenti da portare nel proprio vissuto fatto di nuove sfide stimolanti”.
Tra i docenti intervenuti: Alessandra Pieroni, Area Scienze Ingegneristiche; Patrizia Beraldi, Area Scienze Giuridiche; Alessandro Gennaro, Area Scienze Economiche; Viviana Rubichi, Area Scienze Umane; Arturo Lavalle, Area Ricerca & Sviluppo. Una tavola rotonda, moderata da Mario Mantovani, vicepresidente Manageritalia, ha visto protagonisti: Rocco Cimino, direttore comunicazione Ford Italia; Roberto Di Marco, direttore Applicazione Nuove Tecnologie e Rapporti con le Università presso Enea; Francesco Graziano, executive, manufacturing programs, P&E Rooftop Leader; Gabriele Provinciali, solution architect Oracle; Rosa Santamaria, vp & chief HR Italy, Spain, Nordics, Netherlands, Belgium and Turkey at American Express.
“); } else { document.write(“”); }