Pubblicato il: 21/01/2020 15:53
Nel nostro Paese, il costo del lavoro è una questione annosa e divisiva, sulla quale politica, sindacati e imprese si confrontano da anni alla ricerca di una via d’uscita. L’Italia vanta un poco invidiabile terzo posto nella classifica dei 36 Paesi Ocse in base al cuneo fiscale, con una differenza media del 47,9% tra il costo per il datore di lavoro e la retribuzione netta del dipendente (secondo dati Taxing Wages 2019). Ne consegue che il personale sia di gran lunga la voce di spesa che incide di più sul bilancio aziendale, con un peso che a seconda dei casi va dal 65% al 79%.
“Non tutti gli imprenditori sanno che esistono diverse soluzioni per ridurre la spesa del personale o gestirlo in modo più profittevole, andando a tutto vantaggio dei lavoratori”, suggerisce Giuseppe Ligotti, consulente specializzato nella direzione del personale, vicepresidente nazionale di Federlavoro e membro della commissione di Conflavoro Pmi per la definizione dei contratto collettivo nazionale.
Sulla base del confronto costante con diverse realtà italiane, Ligotti ha elaborato un vero e proprio metodo per la gestione del personale efficiente e profittevole, che si snoda su cinque fasi: 1. analizzare il bilancio per valutare il costo del personale e la sua incidenza sul totale delle voci di spesa; 2. esaminare il sistema organizzativo e l’organigramma dell’impresa; 3. verificare l’allineamento delle retribuzioni alle posizioni ricoperte; 4. formulare alcune ipotesi di intervento, che possono comportare una riorganizzazione interna del lavoro, politiche retributive che comportano sgravi fiscali e altre attività; 5. coinvolgere tutti gli attori nella fase di confronto attivo: imprenditori, rappresentanze sindacali e dipendenti.
Quest’ultimo aspetto, che in molte organizzazioni purtroppo viene ancora trascurato, è fondamentale per la buona riuscita delle misure adottate. “Mi piace affrontare faccia a faccia – spiega Giuseppe Ligotti – ogni singolo caso, per mediare le richieste e chiarire i dubbi emersi. Questo approccio è vantaggioso per due motivi. Innanzitutto, garantisce il rispetto dei diritti dei lavoratori, tutelati dalla loro rappresentanza sindacale. Le stesse politiche di welfare, infatti, non vanno calate dall’alto, bensì introdotte, discusse e argomentate: solo così i beneficiari possono comprendere i loro vantaggi”.
“In secondo luogo, questo dialogo – prosegue – tranquillizza l’imprenditore, evita fraintendimenti e aiuta i dipendenti a capire quanto realmente l’imprenditore abbia a cuore i propri dipendenti. Queste politiche concrete contribuiscono a creare maggior senso di appartenenza alla realtà aziendale (il dipendente la percepisce più sua), riduce l’assenteismo, aumenta la produttività e contribuisce alla creazione di un clima aziendale di maggiore collaborazione a tutti i livelli”.
Se nei processi decisionali viene coinvolta l’intera popolazione aziendale, ciascuno ha contezza del proprio ruolo e del proprio valore e agisce in sinergia con gli altri, per raggiungere gli obiettivi di business definiti. A tale scopo, Ligotti ha messo a punto un servizio specifico volto a creare un ponte tra le varie divisioni, chiamato aggregatore aziendale.
Questo approccio è stato sperimentato con successo da diverse imprese nel panorama nazionale, eterogenee per dimensioni e settore merceologico. Tra loro c’è anche Samarcanda, che dal 1987 è il punto di riferimento per i servizi di intrattenimento e spettacolo nei villaggi turistici in Italia e all’estero. Oltre alla squadra di circa cinquanta dipendenti nelle sedi di Milano, Varese e Roma, questa realtà arriva a dare lavoro a 1.300-1.400 animatori nei picchi della stagione estiva. Quando Giuseppe Ligotti è stato coinvolto come consulente, nella primavera 2019, l’obiettivo dell’azienda era chiaro: gratificare la popolazione aziendale con una modalità che avesse un impatto economico sostenibile.
“Dopo l’analisi del bilancio e dei costi del personale, insieme a Conflavoro Pmi abbiamo redatto il primo contratto collettivo nazionale di lavoro per il settore dell’animazione. Trattandosi appunto di un ccnl, si applica a tutti i ruoli: non solo agli animatori, quindi, ma anche alle figure amministrative, tecniche ecc.”, sottolinea Paolo Dari, direttore generale del Gruppo Samarcanda.
“Il passo successivo – aggiunge – è stato la regolarizzazione dei contratti, che sono passati da individuali a collettivi con assunzioni corrette e uniformi. Per il buon esito di questo percorso è stato fondamentale inserire lo strumento del welfare, che ci consente di soddisfare le esigenze dei dipendenti a costi accessibili per la nostra organizzazione. In sintesi, siamo riusciti a far quadrare il cerchio. Si tratta di un processo impegnativo, che complessivamente durerà circa un anno, ma possiamo già dirci pienamente soddisfatti”.
Adnkronos.