Secondo l’ISTAT, “il ricorso al lavoro non regolare da parte di imprese e famiglie è una caratteristica strutturale del mercato del lavoro italiano”. A partire da questa constatazione, l’Osservatorio DOMINA ha analizzato il caso specifico del lavoro domestico, confrontandolo con gli altri settori produttivi.
Dai dati ISTAT emerge come il lavoro domestico sia nettamente al comando della – poco lusinghiera – classifica dei settori con il più alto tasso di irregolarità, ovvero la maggiore presenza di “lavoro nero”. I dati aggiornati al 2019 evidenziano infatti per il lavoro domestico un tasso di irregolarità pari al 57,0%, ben al di sopra rispetto alla media di tutti i settori (12,6%). Osservando i principali settori economici, al secondo posto per incidenza del lavoro irregolare si trova l’agricoltura, con un tasso del 24,1%. Anche la ristorazione (16,0%) e le costruzioni (15,4%) presentano un dato superiore alla media. Troviamo valori più bassi, invece, nell’industria manifatturiera (6,3%) e nel settore “istruzione, sanità e assistenza sociale” (5,4%).
Naturalmente, gli elementi che fanno la differenza sono la natura del rapporto di lavoro e il luogo di lavoro: nel lavoro domestico, che si svolge in un’abitazione privata, è molto difficile effettuare quei controlli che invece sono ordinari nel contesto aziendale e industriale.
L’analisi dell’Osservatorio DOMINA evidenzia che negli ultimi quattro anni il tasso di irregolarità nel settore ha subito piccole variazioni, toccando il picco massimo nel 2017 (58,3%) e il minimo nel 2019 (57,0%). Il tasso medio di tutti i settori è invece in costante – anche se lento – calo dal 2016.
Applicando il tasso di irregolarità al numero di lavoratori domestici censiti dall’INPS, possiamo stimare il numero complessivo di lavoratori domestici in Italia. In questo caso abbiamo, negli ultimi anni, un valore che oscilla attorno ai 2 milioni.
Il ricorso al lavoro informale nel settore domestico deriva da diversi fattori. Da un lato, è ancora diffusa la percezione del lavoro domestico come “lavoretto” o comunque come attività “marginale”. Nonostante i passi avanti fatti anche grazie al CCNL sul lavoro domestico, il riconoscimento del settore non è ancora pienamente avvenuto. Inoltre, vi è una difficoltà oggettiva: le famiglie datori di lavoro domestico, “assumono” personale per rispondere ad una situazione di necessità, a volte emergenziale, e non per motivazioni legate al profitto come una normale azienda. Questo le porta a cercare di ridurre al massimo i costi, sottovalutando le conseguenze che l’utilizzo di un lavoratore irregolare può portare alla famiglia stessa. Infatti, questi rapporti di lavoro non regolamentati, si possono tradurre in vere e proprie vertenze ed in molti casi i datori di lavoro si ritrovano a pagare importi notevoli per sanare la situazione. Infine, le irregolarità trovano terreno fertile anche nell’atipicità del luogo del lavoro: una casa privata, ad esempio, non è soggetta ai normali controlli dell’Ispettorato del Lavoro.
Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “il lavoro nero rimane uno dei problemi principali nel settore del lavoro domestico, con più della metà dei lavoratori ancora senza contratto. Questo genera serie conseguenze in termini di tutela dei diritti, sicurezza sul lavoro, rischio di vertenze e contenziosi. Inoltre, rappresenta un mancato gettito per lo Stato in termini di tasse e contributi. Per questo, DOMINA chiede di rafforzare le misure volte a favorire l’emersione dei lavoratori irregolari, nell’ambito del CCNL di categoria, con un beneficio per tutte le parti coinvolte”. Continua: “considerato che il lavoro domestico è basato sulla relazione e la fiducia reciproca, oggi i datori di lavoro domestico preferiscono chiudere un occhio sul possesso del green pass del proprio lavoratore e assicurarsi l’assistenza. Pur condividendo l’indicazione dell’obbligatorietà del green pass, speriamo che questa prescrizione non contribuisca ad incrementare la percentuale degli irregolari”.