Un quadro disarmante, composto da tante sezioni quanti sono i problemi principali
che i medici italiani devono affrontare in ospedale ogni giorno. Un puzzle le cui tessere compongono la
frustrazione e la delusione dei professionisti, e che spiegano i motivi che spingono sempre più medici ad
abbandonare il Servizio sanitario nazionale. È l’idea da cui è partita la campagna sui social network del
sindacato dei medici CIMO-FESMED, aderente a CIDA, con l’intento di raccontare a Istituzioni e pazienti
cosa significa essere un medico ospedaliero oggi: significa perlopiù essere “medici senza”, lo slogan che
accompagna la pubblicazione di ciascun post dedicato all’analisi di una tessera del puzzle, di una
sfaccettatura del disagio della professione, dei diritti e tutele che negli anni sono stati sottratti alla
categoria.
La campagna è culminata con la pubblicazione del dossier “Medici senza futuro, un futuro senza medici –
Tutte le ragioni del disagio dei medici ospedalieri e i perché della fuga dal Servizio sanitario nazionale”, in
cui il sindacato, in vista della Conferenza nazionale sulla “Questione medica” organizzata dalla Federazione
nazionale degli Ordini dei medici che si svolgerà il 21 aprile presso il Teatro Argentina di Roma, offre una
panoramica sulle criticità riscontrate dai medici dipendenti del SSN.
L’immagine che ne emerge rende più chiaro perché “quello italiano non è un Servizio sanitario nazionale
per medici”, come recita l’introduzione del dossier: la carenza di personale, che è destinata a peggiorare se
non si pone un freno alla fuga; i turni di lavoro massacranti, per cui è ormai normale lavorare per più di 50
ore a settimana, fare 7-8 notti al mese e non andare in ferie per anni; le 2.500 aggressioni e i 35 mila
contenziosi che si registrano in sanità ogni anno, ritenuti inevitabili effetti collaterali della professione; il
taglio delle strutture complesse e semplici, che impedisce all’84% dei medici di fare carriera; il continuo
task shifting e la creazione di nuove figure gestionali a scapito dei medici; il controllo sempre più
opprimente delle Direzioni. Il tutto con stipendi che sono tra i più bassi d’Europa, falcidiati per anni da tagli
indiscriminati ai fondi contrattuali, e con il 98% delle Aziende che continua ad applicare il contratto
collettivo di lavoro 2006-2009: in molti ospedali le trattative decentrate del CCNL 2016-2018 non sono
nemmeno iniziate, e per il rinnovo del contratto 2019-2021 si attende ancora l’atto di indirizzo da parte
delle Regioni.
«Il quadro offerto dal dossier impedisce di biasimare i colleghi che decidono di abbandonare il Servizio
sanitario nazionale – commenta il Presidente della Federazione CIMO-FESMED Guido Quici -. Occorre un
piano straordinario di assunzioni, rinnovare i contratti di lavoro e renderli realmente esigibili con
penalizzazioni a carico delle aziende inadempienti, ricreare un clima più sereno in corsia, riformare gli
ospedali in modo da consentire ai medici di partecipare al governo clinico delle attività, garantire reali
opportunità di carriera. Se ai medici non si offre un futuro, la sanità pubblica rischia un futuro senza
medici».