Pubblicato il: 02/08/2019 15:58
Si abbassa ulteriormente il tempo medio di ricollocazione professionale dopo la perdita di un lavoro. Lo rileva l’ultimo report di Uomo e impresa, società di outplacement del gruppo Umana. Se nel 2014 per ritrovare un’occupazione ci volevano 5,8 mesi, 4,4 nel 2016, oggi (2018-2019) ce ne vogliono 3,7.
I fattori acceleranti sono di diverso tipo, spiegano gli specialisti di outplacement e consulenti di carriera di Uomo e Impresa, innanzitutto di contesto: in molte aree del Paese, e per alcuni tipi di professionalità, le aziende vedono sempre più spesso inevase le loro ricerche di personale. Dunque, il bacino di ricerca si allarga anche ai non più giovani. In secondo luogo, il sostegno alla ricollocazione ad opera delle aziende di outplacement è oggi estremamente personalizzato, in funzione delle criticità specifiche di chi ha perso il lavoro. E questo elemento è ancor più evidente ed efficace in un ambito nel quale gli aspetti di disagio di chi perde il lavoro (difficoltà economiche, autostima, età avanzata…) intervengono con prepotenza.
“L’incisività del consulente di carriera – spiega Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana – entra in gioco anche quando lo sconforto per la perdita del lavoro tende a bloccare l’autostima della persona al punto da ritenersi non più ricollocabile. Questo avviene spesso in figure impiegatizie provenienti da esperienze ‘monoazienda’ che si considerano obsolete rispetto ai requisiti dell’attualità del mondo del lavoro”.
Il report 2018-2019 di Uomo e impresa, ha analizzato in ambito nazionale i profili dei candidati alle attività individuali di outplacement e consulenza di carriera, di chi dunque ha perso il proprio lavoro e chiede un aiuto per ritrovarlo. Sono in prevalenza impiegati (34%), seguiti da dirigenti (24%), quadri (22%), operai (18%), imprenditori (2%). Hanno prevalentemente un’età matura, tra 40 e 50 anni (47%) seguiti dagli over 50 (40%), con un residuale 13% di trentenni. La percentuale di donne accompagnate alla transizione di carriera è salita dal 32 (2017) al 37%.
Rispetto al 2017 è complessivamente aumentata, da 26 a 36, la percentuale di chi si ricolloca direttamente con contratti a tempo indeterminato; sono inoltre diminuiti, dal 7 a 3% i passaggi da lavoro dipendente (posizione di provenienza) a lavoro autonomo.
“Il mondo del lavoro – spiega ancora Caprioglio – sta cambiando velocemente le proprie regole. Le aziende oggi faticano a trovare profili in linea con le loro aspettative e allargano il fronte della ricerca anche a figure più mature e con maggiore esperienza. Il mercato si fa più flessibile, il turn over più frequente e aumenta la mobilità, anche per le posizioni apicali delle aziende. Ogni persona che ha svolto attività lavorativa possiede un suo livello di ricollocabilità. Ognuno, infatti, ha accumulato valori personali e professionali e ognuno ha la potenzialità di rinnovarsi integrando vecchi e nuovi valori: serve mettersi in gioco e farlo con metodo. Sia chiaro trovare un nuovo lavoro è comunque difficile, molto. Bisogna averne consapevolezza ed essere pronti a fare molta fatica e a mettersi in gioco. E’ per questo che è molto importante farsi aiutare da chi conosce le aziende e le regole di un mercato in continua evoluzione”.
Adnkronos.