avvocatoinprimafila il metodo apf

Pessi, ‘riders né subordinati né autonomi, occorre ccnl specifico’  

Pubblicato il: 06/08/2019 15:07

“Nè subordinati nè autonomi, sicuramente lavoratori etero-organizzati, ma che lavorano attraverso una piattaforma digitale e con autodeterminazione di orari e sede della prestazione”. Roberto Pessi, docente di Diritto del lavoro e della previdenza sociale presso la Facoltà di Giurisprudenza della Luiss ‘Guido Carli’, ateneo di cui è anche prorettore alla Didattica, traccia con Adnkronos/Labitalia il profilo giuridico dei riders, in vista dell’approvazione della norma che li riguarda, inserita nel cosiddetto ‘decreto Imprese’.

“La questione è complessa -aggiunge Pessi- tanto che le prime indicazioni della giurisprudenza in materia sono state contraddittorie: ci sono state due prime sentenze, a Milano e Torino, che inquadravano i riders come lavoratori autonomi, seguite da un’altra sentenza che, in base all’articolo 2 del Jobs Act, invece, parlava di lavoro subordinato”.

Il Jobs Act, infatti, ha ‘superato’ i rapporti di collaborazione nel settore privato collocandoli nella disciplina del rapporto di lavoro subordinato, quando si tratta di “prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”, ricorda.

“La giurisprudenza di fatto si è limitata a un’indicazione di massima e ha confermato che si tratta di una figura di difficile collocazione, proprio per la fine delle collaborazioni coordinate e continuative”, aggiunge Pessi.

Ma il Jobs Act, spiega Pessi, “prevede anche 5 occasioni di deroga alla norma che inquadra i lavoratori eterorganizzati come subordinati, e la prima riguarda proprio le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi prevedono discipline specifiche del trattamento economico e normativo, per particolari esigenze produttive ed organizzative del settore”.

Ed è questo proprio il caso dei riders, secondo Pessi. “Un contratto collettivo nazionale di settore specifico per queste figure potrebbe far rivivere le collaborazioni coordinate e continuative, qualificando l’identità del riders, e potrebbe stabilire con precisione versamenti previdenziali, regole per malattie e maternità, e anche il sistema di retribuzione”, dice.

A proposito di salario, Pessi annota che il cottimo che si usa per questi lavoratori (pagamenti a consegna) è un altro strumento ambiguo,”non per forza indice di autonomia perché negli anni ’60 si retribuiva con il cottimo anche il lavoro dipendente: l’identità del cottimo è data quindi dal processo qualificatorio del lavoro a monte”.

“Certo è -osserva Pessi- che su questi lavoratori, come su tutti i lavoratori eterorganizzati che lavorano con piattaforme digitali (anche quelli di Uber per esempio) non si può fare un provvedimento ‘spot’ né una ‘normetta’. E’ un tema importante e nuovo che non possiamo affrontare con gli strumenti classici”.

“Occorre ora – avverte – un atto di coraggio, da parte di tutti, anche dei sindacati, e creare un nuovo contratto. Perché, se pensiamo di inquadrare i riders nel ccnl logistica, sarà difficile poter dare loro tutte le tutele e garanzie necessarie a causa della loro natura ‘ambivalente’. A meno di non riscrivere il Jobs Act. Ma francamente -conclude Pessi- non possiamo permetterci di rimettere in discussione il modello del lavoro subordinato”.

 

 

 

Adnkronos.

Exit mobile version