Il corso di studi magistrale in ‘Planet Life Design’ promosso dall’Università degli Studi di Perugia e dall’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, grazie al supporto tecnico ed esperienziale dell’Istituto Serafico di Assisi, si spinge oltre i canoni tradizionali della bellezza e punta a realizzare prodotti di design adatti alle persone con disabilità
La bellezza salverà il mondo è una delle convinzioni che muove l’arte e la cultura, per citare Dostoevskij. Ed è proprio partendo da questo principio che la bellezza diventa il mezzo con cui il corso di studio magistrale in ‘Design per la vita del pianeta – Planet Life Design’ del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia, in collaborazione con l’Università degli Studi della Campania Vanvitelli, si spinge oltre l’orizzonte più tradizionale del design e immagina la progettazione di oggetti per scenari più complessi come quelli legati al mondo della disabilità. Nello specifico, il workshop ‘Interior_Safety_Emergency for Kids’ ha visto il coinvolgimento dell’Istituto Serafico di Assisi, Centro d’eccellenza per la riabilitazione di ragazzi con disabilità grave e gravissima, che ha fornito agli studenti il proprio punto di vista e le proprie competenze al fine di sviluppare e progettare prodotti di design che possano rappresentare un elemento importante della riabilitazione delle persone con disabilità. Chi vive in una condizione di disabilità, infatti, ha bisogno di essere ‘libero’, assecondando i propri istinti senza compromettere la propria salute; deve sentirsi protetto; deve avere la possibilità di esprimere la propria personalità e di instaurare relazioni.
Il corso di studi, presieduto dalla professoressa Benedetta Terenzi, docente di Design for Emergency, ha coinvolto i propri studenti in questa sfida, con l’obiettivo di elaborare delle proposte progettuali che potessero risponde alle esigenze esposte dal Serafico, mettendo a sistema le conoscenze e le competenze fornite dagli insegnamenti di ‘Residenze Protette’ della prof.ssa Giovanna Ramaccini e ‘Safety Fashion Design’ della prof.ssa Simona Ottieri. Nel Corso è stata approfondita la formazione degli studenti ampliandone le competenze, che sono state declinate sulle esigenze di persone disabili, così da costruire prodotti o garantire servizi fondamentali per la cura della persona che, partendo proprio dalla dimensione estetica della bellezza e del design, prendono forma seguendo il concetto del ‘prendersi cura’. E quindi, andando oltre all’approccio sanitario, si amplia la visione a una capacità di coltivare, appunto, la bellezza. Qui infatti, per la prima volta, i concetti di cura e di bellezza non si escludono a vicenda ma, anzi, procedono insieme.
“Il corso di laurea magistrale in Planet Life Design – spiega la prof.ssa Benedetta Terenzi – ha l’obiettivo di formare designer specializzati nel design applicato alla risoluzione dei problemi emergenti e nella progettazione di scenari complessi, intelligenti e sostenibili per definire nuove modalità di vita sul pianeta. Per questo il corso ha un approccio fortemente interdisciplinare, andando a integrare la cultura del progetto con una serie di altre competenze imprescindibili per un designer che vanno dalla psicologia all’economia circolare, dalla etica e l’estetica, all’antropologia all’etnografia. Il designer che uscirà da questo percorso sarà un designer consapevole, responsabile ed evoluto, in grado di inserirsi nel contesto economico e prodotto nell’immediato, spendendo una preparazione fondata sulle richieste attuali, in linea con le direttive europee”.
Ed è proprio creando questa sinergia che l’Istituto Serafico di Assisi ha indirizzato i giovani universitari, mettendo in campo la propria esperienza al fine di migliorare gli ambienti che ospitano le persone con disabilità, rendendo gli spazi confortevoli o utilizzando un abbigliamento ad hoc per chi, per diversi motivi legati alla propria disabilità, tende a strapparsi gli abiti di dosso. E così le progettazioni si sono concentrate nella creazione di un ‘letto abitacolo’; di abbigliamento protettivo; di particolari giochi adatti alla vita più fragile e in grado di insegnare concetti nuovi o migliorare la memoria di chi ne fa uso.
Il letto Safegram, ad esempio, è pensato come una struttura che garantisce piena sicurezza ma che allo stesso tempo offre degli stimoli sensoriali e si trasforma in una struttura ‘abitabile’ e mobile. In una parola: un letto bello. In questo modo si raggiungono quattro obiettivi: il letto diventa personalizzabile, poiché ciascun ospite potrà modificarlo a piacimento; inclusivo, perché non ci sarà alcuna distinzione tra i diversi letti; giocoso, grazie all’eliminazione della sensazione di un letto sanitario; protettivo, facendo sentire al sicuro i soggetti più fragili. Insomma, il focus è la costruzione di un ambiente adeguato ma che allo stesso tempo risponda ai canoni della bellezza. L’abbigliamento protettivo, invece, punta alla realizzazione di indumenti ‘non ghettizzanti o emarginanti’, che danno sollievo da ansia, stress e attacchi di panico, che non abbiano elementi disturbanti, che siano realizzati con tessuti morbidi e leggeri, che aiutino a regolare la temperatura corporea.
“Prendersi cura significa garantire ambienti e oggetti sicuri, ma anche dare bellezza”, ha spiegato Francesca Di Maolo, la Presidente dell’Istituto Serafico. “I bambini e i ragazzi disabili, così come tutti i bambini del mondo, hanno bisogno di sognare, di sentirsi bambini, di giocare. E quindi c’è chi ha bisogno di vestiti speciali, chi di giochi speciali”, ha aggiunto. “L’attenzione alla progettazione è importante per chi si trova in una condizione di disabilità: perché non è giusto prendersi cura di una persona in ambienti brutti e sciatti, senza dare la giusta attenzione al gusto. Attraverso questo nuovo modo di progettare e di sperimentare si aprono nuove ‘finestre’ che la disabilità ha chiuso”. Da qui, infatti, l’appello della Di Maolo: “In Italia sono ancora poche le progettazioni fatte in questo modo, spesso noi le prendiamo all’estero. Quindi lancio l’invito a progettare, a provare, a sperimentare: perché è solo tramite la progettazione atta a diventare strumento di benessere e di miglioramento della qualità della vita che si crea un ponte verso la giustizia e l’inclusione sociale”.