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Ponte Morandi, gli effetti del crollo  

Ponte Morandi, gli effetti del crollo

(Adnkronos)

Sono pari a 422 milioni di euro i danni segnalati dalle imprese a distanza di sei mesi dal crollo del Ponte Morandi dello scorso 14 agosto, il tragico evento che ha paralizzato la città e tagliato in due la regione e ha isolato il porto di Genova, uno dei principali scali europei e il primo a livello italiano nel settore container. Maggiormente colpito il settore del commercio con 121 milioni di danni (28,7%), seguito dall’industria (118 milioni) e dai trasporti (95 milioni).

È quanto emerge dal rapporto dell’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro ‘Gli effetti del crollo del Ponte Morandi su economia, occupazione e integrazione sociale’, presentato oggi a Genova nel corso della due giorni ‘Verso il Festival del Lavoro 2019’, l’evento di anteprima della X edizione del Festival del Lavoro.

Secondo la ricerca, gli effetti del crollo si sono riverberati ben oltre l’epicentro del Polcevera. Nella zona rossa/arancione della città si concentra, infatti, il 37,6% dei danni economici (158 milioni di euro); mentre nel restante territorio comunale il 41% (pari a 173 milioni), ai quali si aggiungono 11,7 milioni degli altri comuni della provincia e 79 milioni del resto di Italia.

Il crollo del Ponte Morandi ha comportato, inoltre, una brusca contrazione della domanda di lavoro pari al 18,9% (-7.172 attivazioni rispetto allo stesso periodo del 2017), se si tiene conto dei soli mesi che vanno da settembre a dicembre, e del 22,5% (-10.066 attivazioni) se si considera anche il mese di agosto.

Secondo i dati dei consulenti del lavoro, “in provincia di Genova i datori di lavoro nel 2018 hanno effettuato 94.974 assunzioni, 1.902 in meno rispetto al 2017”. “Sebbene nei primi due trimestri del 2018 si registri un forte aumento delle assunzioni, questa tendenza si interrompe nel terzo trimestre portando alla variazione negativa annuale”, precisano.

Come emerge dal rapporto, “la maggiore flessione si registra nel mese di agosto (-42,6% rispetto agosto 2017) e la dinamica negativa continua fino a dicembre”. “In termini assoluti, se prendiamo in considerazione il calo di 10.066 attivazioni del periodo agosto-dicembre, il 37% è dovuto all’impossibilità dei lavoratori extra comunali di accedere a nuovi posti di lavoro e il restante 63% (-4.496) alle difficoltà degli stessi abitanti del capoluogo ligure. Il brusco calo delle attivazioni nel periodo immediatamente successivo al 14 agosto è dovuto alla difficoltà di raggiungere i luoghi di lavoro”, conclude.

Dal rapporto emerge, infine, che il crollo del Ponte Morandi “ha generato un aumento di costi (pari a 265.200 euro) per circa 4 mila camion che entrano ed escono ogni giorno dal porto genovese, mentre per i 31.500 veicoli pesanti che attraversano la città il costo aggiuntivo è di 2 milioni di euro giornalieri”.

Secondo i consulenti del lavoro, l’aumento dei costi è generato da “un allungamento di 120 km per l’attraversamento di Genova da Levante a Ponente e di 70 km in senso inverso”, dopo il crollo del Viadotto, che contava complessivamente 20 mila attraversamenti giornalieri e 11 milioni di camion all’anno. L’inutilizzabilità del Ponte venuto meno con il crollo, unito alla mancanza di infrastrutture secondarie per il collegamento della città, ha comportato disagi e congestionamenti sulla viabilità urbana.

Sono stati rilevati, continuano i professionisti, “anche disagi e allungamento dei tempi nello spostamento fra casa e lavoro con tempi oscillanti tra i 15 e i 45 minuti di ritardo”. “L’evento del 14 agosto 2018 ha dunque prodotto ingenti danni alle persone, all’economia e alla società davanti ai quali una riflessione complessiva non può essere omessa”, concludono.

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