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Covid-19, prende il via nelle Marche la sperimentazione della terapia al plasma

Prende il via, nelle Marche, la sperimentazione della terapia al plasma anti Covid-19, che utilizza il plasma da donatori guariti da Covid 19

Prende il via, nelle Marche, la sperimentazione della terapia al plasma anti Covid-19, che utilizza il plasma da donatori guariti da Covid 19 come cura precoce per pazienti con polmoniti da Sars Cov2.

Il protocollo di attuazione si chiama Tsunami (Trasfusion of convalescent plasma for early treatment of pneumonia due to Sars Cov2) ed è stato approvato dal Comitato etico nella seduta di ieri. Le Marche partecipano a uno studio multicentrico che ha come capofila la Regione Toscana e che coinvolge anche la Campania, il Lazio, l’Umbria e la Sanità militare.

I Poli di reclutamento marchigiano coprono l’intero territorio marchigiano: saranno il Servizio di Medicina trasfusionale di Ancona, di Pesaro e di Fermo, perché qui sono agganciate le unità operative di Malattie infettive. Per agevolare i candidati donatori sarà possibile recarsi anche in uno dei dodici servizi trasfusionali regionali per un pre-arruolamento e successivo invio degli idonei ai tre Poli di riferimento.

Il punto della situazione è stato comunicato nel corso di una videoconferenza stampa alla quale hanno partecipato il presidente Luca Ceriscioli, la dirigente del servizio Sanità Lucia Di Furia, il direttore del Dipartimento interaziendale regionale di medicina trasfusionale Daniela Spadini, il direttore della Clinica universitaria di Malattie infettive Andrea Giacometti, il rappresentante del Comitato etico regionale Massimiliano Marinelli.

“La Regione Marche – ha detto il presidente Ceriscioli – prosegue il percorso della buona informazione a servizio della comunità. Abbiamo sempre garantito Informazioni tempestive, nella massima trasparenza, combattendo le fake news, che generano disperazione nelle persone più deboli e vane speranze. Oggi abbiamo reso comprensibile, con cura e semplicità, ascoltando questi professionisti, un percorso scientifico e tecnico di grande qualità, rivolto alla salute delle persone.

Non abbiamo descritto cure miracolose, ma opportunità suffragate da rigore scientifico. L’atteggiamento della Regione è sempre stato quello di aprirsi a qualunque opportunità e soluzione positiva, per metterle a disposizione del sistema sanitario. Se oggi siamo, in Italia, la migliore regione come dato epidemiologico, quando all’inizio della pandemia eravamo fra le peggiori, abbiamo dimostrato che questo atteggiamento paga. Un’informazione corretta è quella che ha permesso a tanti cittadini di comportarsi bene e aiutare il sistema sanitario, consentendogli di gestire al meglio i propri percorsi”.

Nel percorso del protocollo la Medicina trasfusionale gestirà donatore, donazione e assegnazione, operando con due tipi di candidati: i donatori abituali, con un percorso molto più snello, e i pazienti donatori nuovi, che dovranno essere sottoposti a un percorso di arruolamento più dettagliato  previsto all’interno del protocollo. Per tutti, il requisito fondamentale è quello di avere superato la malattia e, quindi, di essere in regola con il percorso tamponi, e avere un numero di anticorpi sufficienti.

Per il donatore abituale il tramite rimane l’Avis, deputata a prenotare la donazione presso il centro trasfusionale di riferimento. Per agevolare i candidati donatori sarà possibile recarsi anche in uno dei dodici servizi trasfusionali regionali per un pre-arruolamento e successivo invio degli idonei ai tre Poli di riferimento. I soggetti ricoverati sono già stati informati di questa possibilità e sono stati messi in contatto con il trasfusionale. Per motivi di sicurezza, il protocollo prevede che il paziente ricoverato attenda 14 giorni dopo la dimissione.

Il paziente ricevente sarà invece gestito dalla parte clinica. I criteri base per l’applicazione della terapia sono: la maggiore età, la condizione di Covid positivo e la fase precoce dell’infezione. Gli anticorpi sono infatti maggiormente efficaci nella prima fase della malattia. “Si tratta – ha sottolineato la dirigente del servizio Sanità Lucia di Furia – di uno studio che può dare grandi risposte in termini di migliori cure rispetto alle attuali. Le forme terapeutiche oggi riconosciute valide sono poche e questo studio può aprire spazi importanti”.

“Riteniamo – ha detto il rappresentante del Comitato etico Massimo Marinelli – che il protocollo marchigiano sia migliorato in tutte e tre le linee di riferimento a quale si deve attenere: salvaguardia della salute dei soggetti interessati, scientificità dello studio, tutela della sanità regionale”. “La parte donazione è centrale in questo protocollo – ha detto la dottoressa Spadini – ed è normale che in presenza di un evento catastrofico l’emotività porti a slanci solidaristici molto importanti della popolazione. In questo le Marche sono sempre molto avanti. Ma queste situazioni vanno governate, perché la donazione rappresenta un momento molto delicato in cui sono centrali sia la tutela della salute del donatore, sia quella del paziente. Da questi due pilastri non si può derogare.

Avremo di fronte due popolazioni di candidati donatori di plasma iperimmune – tra i 18 e i 60 anni compiuti – gestite dal Trasfusionale. Il donatore abituale, già arruolato, avrà un percorso agevolato tramite l’Avis, perché normalmente sottoposto ai controlli clinici previsti per scongiurare la trasmissione ematica delle malattie. Il candidato paziente non ancora arruolato in un protocollo di donazione dovrà essere invece sottoposto a indagini preliminari”. Queste due popolazioni dunque hanno in comune che entrambe devono avere avuto la malattia del Coronavirus e devono averla superata, in regola con il percorso dei tamponi e con un numero di anticorpi sufficienti.

Nel caso del nuovo candidato donatore il percorso prevede la verifica preliminare dell’idoneità alla donazione, la negatività ai test sierologici per epatite B, epatite C ed HIV e il superamento di un periodo di 15 giorni prima della donazione. Dopo la donazione saranno effettuati anche ulteriori test. L’efficacia della terapia si vedrà al termine del protocollo che ha una durata di sei mesi. “Ringrazio le colleghe del trasfusionale e i colleghi del Comitato etico, perché ci hanno aiutato lavorando insieme con noi per migliorare questo protocollo, che ora è inattaccabile. Ci siamo già attivati e stiamo spiegando ai pazienti il progetto.

Qualcuno già si è dimostrato disponibile”, ha detto il professor Giacometti, che ha descritto dettagliatamente il profilo dei pazienti destinati a ricevere la cura e ha affrontato anche il tema del congelamento del plasma, che potrà essere riutilizzato in eventuali fasi successive di riacutizzazione del virus. Infine, un appello, anche a nome di Avis regionale: “Non ci scordiamo – ha detto la dottoressa Spadini – che nei nostri reparti e nelle nostre sale operatorie ci sono pazienti con patologie diverse dal Covid che hanno bisogno di unità trasfusionali, di sangue e di piastrine o di emoderivati e, quindi della generosità dei donatori, che nelle Marche è sempre stata grandissima”.

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