(ANSA) – TORINO, 28 NOV – “Purtroppo, in totale buona fede, mi sono affidata ai professionisti sbagliati. Sono stata mal consigliata sotto il profilo fiscale quando, giovanissima, a 19 anni ho iniziato la mia attività”. Lo afferma all’ANSA Cristina Chiabotto, costretta a ricorrere alla legge ‘salva suicidi’ “unico strumento giuridico rimasto per far ciò che ritengo giusto e doveroso: pagare, come tutti, le somme dovute. Non mi resta che attendere l’esito della procedura con la serenità di chi ha la coscienza a posto”.
“Non voglio sottrarmi al mio dovere, anzi. Vorrei solo fosse rispettato un principio valido per chiunque – dice -, cioè che l’ammontare dovuto di tasse si basi su quanto effettivamente guadagnato. Ci tengo inoltre a precisare che nel decreto (peraltro pubblico) non si parla mai di evasione, ma piuttosto di ‘comportamento elusivo non fraudolento’ come espressamente dichiarato dal giudice”, conclude ribadendo di avere “sempre rispettato le regole e di aver chiesto a chi mi consigliava di fare altrettanto”.