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Scuola: da Cagliari il grido contro la didattica a distanza

No alla didattica a distanza (Dad): è una soluzione di emergenza, non deve diventare abitudine. È il messaggio lanciato da genitori e insegnanti questo pomeriggio al Bastione di Saint Remy a Cagliari – in concomitanza con altri sit in nel resto d’Italia – per protestare contro il possibile riutilizzo della Dad anche a settembre. “I bambini – spiega al megafono Silvia Angioni, associazione Nonunadimeno e madre di due figli – devono tornare a scuola per ritrovare socialità, autonomia e identità”.
    Sistema bocciato da molti insegnanti: “chi andava bene – spiega Sandro Durzu, docente di sostegno – forse continua ad andare bene. Ma chi è in difficoltà rischia di perdersi”. Alla manifestazione anche lo psicoterapeuta Luca Pisano, promotore di una petizione online che ha raccolto già 21mila adesioni. “Il Governo – ha spiegato – ora deve investire in nuovi spazi e nuovi docenti. Ci propongono una didattica a distanza a metà: ma chi resta a casa cosa fa?”. Pollice verso anche da parte di Marco Pitzalis, docente universitario, autori di studi sull’utilizzo delle nuove tecnologie sulla didattica. “Questo sistema rischia di cronicizzare crisi e diseguaglianze – ha detto – chi può si rivolgerà al mercato privato. E le distanze tra gli studenti aumenteranno. E poi facciamoci una domanda: perché gli strumenti per la didattica a distanza sono tutti gratis? Nulla è gratis”.

DOCENTI CON LA VALIGIA SCRIVONO A MINISTRA – Ancora prof lontani da casa. Che chiedono di tornare vicino a famiglie e affetti. È la lettera inviata da un gruppo di docenti sardi alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Il caso riguarda alcuni docenti sardi che hanno guadagnato l’abilitazione e superato il concorso 2018. “L’unica lezione – spiegano all’esponente del governo Conte – che abbiamo imparato, ad oggi, è che il merito non viene premiato: primi in graduatoria al momento delle immissioni in ruolo per il 2019/2020, siamo stati assunti in scuole situate anche a oltre 300 km di distanza, nonostante ci fosse un buon numero di posti, derivanti dai pensionamenti quota 100, notevolmente più vicini alle nostre residenze. Queste posizioni non sono state rese disponibili al momento del nostro ingresso in ruolo per meri ritardi amministrativi”. Risultato? “Cattedra talmente lontana – continuano – da impedire la realizzazione personale che avevamo prospettato. È trascorso un anno e grazie al nuovo decreto queste cattedre andranno ai nostri colleghi che hanno avuto la ‘fortuna’ di trovarsi in posizione deteriore in graduatoria rispetto alla nostra: con questa tornata di assunzioni straordinarie saranno loro ad avere quei posti e lavorare “sotto casa”. Altro problema: “è stata congelata la domanda di mobilità esclusivamente per gli immessi in ruolo nel nostro anno scolastico. La domanda di mobilità rappresentava il nostro unico e ultimo appiglio, ma ci viene negata, senza alcuna considerazione per le esigenze familiari ma soprattutto senza nessuna coerenza e in una maniera che riteniamo arbitraria. E così, dalle sedi in cui abbiamo preso servizio, guardiamo svanire il sogno di ricongiungerci (per usare una parola di moda) ai nostri cari, con la sola colpa di esserci guadagnati i primi posti della graduatoria”. 
   

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